Giovedì 21 Novembre 2024
AGNESE PINI
Editoriale e Commento

Votare è tradire? Quando il genere divide l’America

“Tradite i vostri mariti nelle urne e votate Kamala”, è stato l’appello di Julia Roberts alle elettrici Usa. Ma se votare Harris significa tradire, allora dove sono finiti quell’uguaglianza, quell’emancipazione, quella libertà?

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Kamala Harris

“Tradite!”. Ha usato proprio questo verbo, duro e spiazzante: tradire. E ha scelto, non a caso, un imperativo categorico. “Tradite i vostri mariti nelle urne e votate Kamala”, è stato l’appello di Julia Roberts alle elettrici americane che martedì dovranno scegliere da che parte stare.

Ma se votare è come tradire, ecco che in quella frase si va a condensare molto più di una scelta fra un presidente e una presidente. In quella frase e in quel verbo - tradire - ci sono due idee di società, di vita e infine di America che si contrappongono violente e antitetiche nella sfida fra Kamala Harris e Donald Trump. Inquieta che in quella contrapposizione si celi anche una guerra tra i sessi che ingenuamente pensavamo del tutto anacronistica per il nostro tempo e per un Paese, gli Stati Uniti, che continua a incarnare un faro di uguaglianza, di emancipazione e di libertà.

Eppure, se votare Harris significa tradire - di più, significa "tradire i propri mariti" - allora dove sono finite quell’uguaglianza, quell’emancipazione, quella libertà?

Un numero, tra tutti, mi ha colpito: nell’elettorato femminile la candidata democratica ha un vantaggio di quasi venti punti su Trump. Venti punti, una enormità. Lì per lì ho pensato che fosse un passo avanti verso l’emancipazione: è l’esatto contrario. Questa distanza tra i sessi, per esempio, non l’abbiamo trovata nel 2022 in Italia - quando è stata eletta premier la prima donna nella storia del nostro Paese, Giorgia Meloni - e neppure nella pur diversa chiamata al voto che nel 2023 ha scelto la prima segretaria del Pd, Elly Schlein. Negli Usa, invece, votare una donna sembra ancora una “questione da donne”. Uno degli ultimi sondaggi del New York Times mostra che sull’elettorato afroamericano Harris è indietro di dieci punti rispetto a Biden nel 2020, e a mancarle sono i voti della componente maschile: per la prima volta, secondo un’analisi della National Association for Advancement of Colored People, oltre un quarto degli uomini afroamericani con meno di 50 anni - tradizionalmente schierati coi Dem - è favorevole a Trump.

Barack Obama una spiegazione se l’è data: "Penso che qualcuno tra gli uomini, e anche tra gli uomini neri, non senta l’idea di avere una donna presidente". Non senta l’idea, ha detto.

Gli uomini non votano le donne perché in fondo non credono che le donne possano rappresentare istanze universali. Non le votano, dunque, perché non conviene, perché per loro rappresentano ancora solo una parte dell’umanità, a prescindere dalle questioni irrisolte, quelle che riguardano tutti, uomini e donne: l’occupazione che non riparte, il diritto all’aborto, l’assistenza sanitaria, le armi, i dazi, i rapporti con la Cina, con il Medio Oriente, con la Russia, con il mondo intero. La dichiarazione universale dei diritti e dei doveri dell’uomo è del 1948. Recita così: "Tutti gli esseri umani sono nati liberi e uguali, in dignità e diritti". Sono passati 76 anni. Ma, è chiaro, 76 anni non sono bastati.