Roma, 18 maggio 2024 – Quando trent’anni fa Silvio Berlusconi scese in campo, il suo potere mediatico era formidabile. E lui ne approfittò immediatamente. Bisognava mettere argine e fu fatto. Ricordo ancora quando col suo accento toscano Lamberto Dini, suo immediato successore a palazzo Chigi, addolciva l’espressione ‘par condicio’ parlandomene come di una pozione salvifica. Nei decenni si sono avvicendate le leggi, ma se nel 2022 è stato proibito alla Rai di mandare in onda un confronto tra il premier Enrico Letta e l’astro emergente del centrodestra Giorgia Meloni e l’altro giorno è stata proibita la stessa cosa con la Meloni ormai premier e il capo dell’opposizione Elly Schlein, qualcosa non funziona.
Credo che l’Autorità di garanzia ci abbia studiato con le migliori intenzioni, ma il risultato non la premia. I partiti favorevoli ai confronti erano quattro: Fratelli d’Italia, Partito democratico, Lega, Stati Uniti d’Europa (Renzi). La loro forza parlamentare è del 63 per cento. Contrari Movimento 5 Stelle, Forza Italia, Azione, Verdi Sinistra. Ci è stato spiegato che se i favorevoli fossero stati cinque, ce l’avremmo fatta. Allora mettiamola così: se favorevoli fossero stati Renzi, Bonelli, Calenda, Tajani e Salvini tutto a posto. Poco male se insieme non raggiungono un terzo del Parlamento contro i due terzi dei quattro perdenti. Funziona? Non funziona.
Non è un successo politico e democratico, oltre che naturalmente giornalistico, aver impedito un confronto storico tra le due leader della maggioranza e dell’opposizione. Ma non si tratta soltanto di questo. Meloni e Schlein sono due donne giovani, diversissime tra loro per storia, formazione, carattere. Rappresentano due mondi che più lontani è difficile immaginare. Sarebbe stato un magnifico elemento di riflessione per gli elettori e uno spettacolo atteso da tutta la stampa internazionale. Un salto di qualità nell’immagine della politica italiana.
In Francia, Germania, Spagna, Regno Unito quando si parla di parità di trattamento ci si riferisce essenzialmente a quelle che da noi sono le Tribune politiche. Non credo sia possibile a una minoranza politica – perché di questo si è trattato – vietare un confronto ai leader dei due fronti opposti.
Non ci sfugge naturalmente che soprattutto Elly Schlein avrebbe avuto l’incoronazione plastica come capo dell’opposizione. Conte è riuscito ad evitarlo. Ma i numeri sono numeri e la quota assegnata al Pd dalla Vigilanza è di quattro punti e mezzo superiore ai 5 Stelle. Tutti sanno che la visibilità dei partiti sarebbe stata garantita come sempre e la scelta di impedire il confronto alla fine sa più di ripicca che di effettiva salvaguardia democratica.
Tutti i tecnici sono convinti che la legge vada migliorata. Federico Mollicone, presidente della Commissione cultura della Camera (FdI), propone una ‘par condicio’ ponderata che rispetti il reale peso parlamentare dei partiti. È una strada sensata, che deve comunque garantire un ragionevole diritto di tribuna anche a chi non sta in Parlamento. Ci sarà battaglia, ma vorremmo evitare di trovarci in questa condizione alle elezioni politiche del 2027.