Roma, 6 novembre 2024 – Non sarà un bis. Perché la musica è cambiata completamente rispetto al primo tempo. Ancora più che l'America, si è modificato il mondo rispetto al primo mandato di Donald Trump. Il 2016, la prima vittoria, è un'epoca lontana anni luce, come i 4 anni in cui ha governato Trump. Il Covid, che pure il Tycoon aveva affrontato (a modo suo) non è stato che un antipasto degli stravolgimenti che abbiamo dovuto fronteggiare dal 2020 in poi. L'invasione dell'Ucraina da parte della Russia nel 2022, la guerra in Medio oriente dopo il 7 ottobre, la crisi di Israele, la tensione continua nell'Indo-Pacificio con la Cina e la questione Taiwan sullo sfondo, sempre più netta.
Non basta proporre un bis con questo spartito davanti. La grande sfida del mondo oggi è ritrovare un equilibrio, magari una pace. Significa risolvere il conflitto in Europa orientale, spegnere la guerra nel Medio Oriente che può essere una miccia per un ulteriore conflitto ancora più spaventoso. Netanyahu esulta alla vittoria di Trump, considera il ritorno del tycoon alla Casa Bianca il via libera per una ulteriore escalation. Putin spera che Trump tagli gli aiuti militari a Kiev.
Chi ha paura è l'Europa. E con lei la Nato. Non a caso stamani Rutte, il segretario dell'Alleanza atlantica, ha voluto congratularsi con Trump aggiungendo che "la sua leadership sarà ancora una volta fondamentale per mantenere forte la nostra Alleanza" e che spera di "promuovere la pace attraverso la forza della Nato". La forza, sottolinea. Perché il timore è che Trump, anche in base a ciò che ha detto finora, voglia allentare l'impegno americano in Europa e quindi in Ucraina, voglia interessarsi meno, diciamo così, della Nato. Non è un bis, quindi.
Perché la musica è talmente cambiata che anche noi dovremo affrontare un nuovo spartito, molto più difficile. I paesi europei saranno probabilmente chiamati a aumentare gli investimenti nella Difesa, l'Italia compresa. Significa impegni per miliardi, difficile da sostenere. Per 'Europa questo voto è una scossa elettrica, una sveglia che suona forte: il problema è chi si alzerà oggi a rispondere. Quali sono i leader oggi in grado di tenere testa o comunque affrontare lo tsunami Trump (anche in termini economici, di eventuali dazi)? Questo è un grande problema: Macron è debole, a Berlino non c'è un leader vero, a Bruxelles non c'è una figura politica proporzionata alla forza di Trump, dentro l'Unione ci sono paesi come l'Ungheria di Orban che si sentono più confortati da un'America in sintonia con loro piuttosto che di un'Europa casa comune. E questo è un problema enorme, una faglia che si allargherà. Per Kiev, poi, significa dover mettere in conto che la pace con Mosca non potrà passare da una vittoria (ma chi ci spera più, diciamolo) contro l'invasore. E quindi l'eventuale soluzione sarà comunque una ferita aperta per l'Ucraina e l'integrità dello Stato. Per i palestinesi potrebbe allontanarsi la speranza di una soluzione, o comunque di un orizzonte in cui vedere una soluzione. Questi i timori. Ma assieme ai timori teniamo conto delle incertezze. L'uomo Trump è un negoziatore, in senso aziendale. Porta il rivale all'estremo, attacca, rompe, spiazza. Ma poi, l'uomo d'affari deve arrivare al deal, all'accordo, altrimenti non funziona. Cambierà l'atteggiamento diplomatico dell'America, questo è ovvio. Come potrebbe cambiare di conseguenza il mondo è tutto da scoprire. Si inizia a navigare con un comandate diverso. Non sarà cabotaggio, questo è sicuro.