Roma, 30 dicembre 2024 – La pace e il bisogno sono, per decisione del Pontefice, i temi di questa edizione del Giubileo. È comprensibile che la più grande autorità spirituale inviti le moltitudini che si riconoscono nel cattolicesimo a unirsi in preghiera per queste nobili ragioni alimentando la speranza già in terra. Così come ha sollecitato in molte occasioni a rifiutare drasticamente l’interruzione di gravidanza considerandola "un omicidio". Ed è evidente che la tutela della vita è parte del magistero della Chiesa mentre sono opinabili i modi di costruire la pace e di soddisfare il bisogno materiale. Ma la dimensione spirituale e quella temporale non coincidono necessariamente. Si confrontano da un lato l’imperativo morale e, dall’altro, le decisioni che governanti, anche cattolici, ritengono di assumere nelle condizioni date per il benessere (o per il minor danno) dei loro popoli anche in relazione al perseguimento di quegli stessi obiettivi. Non ha senso quindi tirare la giacca di Papa Francesco per farne una autorità politica e chiedere che il suo monito spirituale diventi automaticamente comportamento politico. Con l’aggravante che ciascuna fazione non è disponibile a prendere per intero il suo messaggio ma solo la parte che più aggrada, rimuovendo quella sgradita. Avvertiamo invece la necessità di entrambe le dimensioni e la tensione tra di esse può risultare feconda. Peraltro il messaggio spirituale è tanto più autorevole quanto più appare separato dalle narrazioni interessate di una parte e l’azione pubblica è tanto più apprezzabile quanto più si rivela attenta ai principi superiori. Accingiamoci quindi a considerare con rispetto i percorsi del Giubileo e ad auspicare che il suo afflato morale, in quanto neutrale, possa costituire sprone per le istituzioni sul piano interno e su quello globale. Per la vita, per la liberazione dal bisogno, per la pace duratura.
Editoriale e CommentoTeniamo fuori la politica dal Giubileo