Roma, 28 novembe 2024 – Adesso che ha conquistato anche una (meritatissima!) laurea honoris causa, beh, forse Gimbo Tamberi potrà trovare il modo di guadagnare anche una riconciliazione con il papà. Ovviamente sono affari di famiglia, per quanto pubblicamente sviscerati sul palcoscenico televisivo delle ‘Belve’ Rai. Ma insomma, lo penso e lo scrivo da genitore: mai lasciare che inevitabili incomprensioni si trasformino in ferite insanabili.
Ciò premesso, in questa sede interessa ribadire una verità antica. Prima del fenomeno Sinner, la figura di Gimbo ha emanato una luce fortissima. Stiamo parlando di un campione capace di vincere Olimpiade, Mondiale ed Europeo nel salto in alto. È vero che l’atletica leggera non ha il fascino multimediale del tennis: ma quando fra cinquant’anni qualcuno scriverà la Storia dello sport azzurro, indiscutibilmente Tamberi sarà nel Pantheon degli Eroi. Come Mennea, come Sara Simeoni. Perché ha ottenuto risultati straordinari in un contesto oggettivamente iper competitivo.
Eh, a scanso di equivoci: so bene che il personaggio è, come si usa dire, divisivo. In questo Gimbo è, più di Sinner!, un figlio di questi tempi sgangherati: talvolta l’ossessione di apparire non gli ha giovato, la stessa gestione della comunicazione nei giorni dolorosi della Olimpiade di Parigi ha alimentato più di una perplessità.
Eppure, fidatevi: il neo dottore in Scienze dello Sport ha più pregi che difetti. Io me lo ricordo ai Giochi di Rio del 2016, quando, con una gamba fracassata, assisteva con le lacrime agli occhi alla impresa d’oro del fraterno amico Greg Paltrinieri, il nuotatore. Gli dissi per consolarlo: dai che fra quattro anni a Tokyo vincerai anche tu. Mi rispose: vedrai che accadrà davvero.
E il resto è gloria (anche se di anni, causa Covid, ne passarono cinque prima dei Giochi giaponesi). Ecco: uno così ha diritto di specchiarsi nella gratitudine collettiva. Decida lui, Gimbo, se valga la pena riprovarci a Los Angeles 2028 in pedana. Nel frattempo, però, faccia pace con il padre. Perché nella vita ci sono cose più importanti di una medaglia olimpica.