Roma, 11 novembre 2024 – La notizia, prevedibile, è che non ci saranno notizie. Peccato. Con il clima, con i suoi cambiamenti, non si scherza. Anzi, si muore. Cop 29, la super conferenza che mette attorno a un tavolo i Paesi del mondo, e che si apre oggi a Baku, è destinata a essere una lunga (12 giorni!) scampagnata per centinaia di sherpa, funzionari e esperti. Gente che se ne intende, ma non decide. Quelli che decidono, i Grandi o simil tali della Terra, non ci saranno. Né gli Stati Uniti in periodo di transizione "climatica" alla Casa Bianca, né Putin impegnato a fare la guerra, né la Cina, impegnatissima a venderci strumenti green (pannelli fotovoltaici, auto elettriche…) alimentando la propria industria a suon di centrali a carbone e combustibili fossili. Mancherà anche l’Europa, perché Ursula ha declinato l’invito impegnata con la nuova Commissione, e alle prese proprio con le scadenze green che dividono partiti e partner Ue tra talebani dell’ambiente e resilienti del buon senso. Peccato.
Si discuterà di finanza e clima, cioè del danaro, tanto, che serve per ripulire il mondo. Sul tavolo la proposta di Macron di un contributo che le aziende più inquinanti dovrebbero pagare per sostenere la transizione climatica dei più poveri. Interessante. Però, siamo daccapo: per ora l’hanno sottoscritta Kenya e Barbados. Del resto, ci si può rammaricare, ma non deve stupire questo fuggi fuggi dei Grandi: con due guerre in atto che scenari ci aspettano? E con Trump già pronto a uscire di nuovo dagli accordi di Parigi? Meglio aspettare il prossimo summit in Brasile. Peccato. Perché vedersi, parlare, serve. Lo ha ricordato ieri da Pechino il presidente Mattarella, riferendosi al rafforzamento della pace. Giusto. Che significa eliminare a monte la possibilità di conflitti armati e commerciali, o di favorirne la soluzione. In un mondo che dialoga. E respira la stessa aria. Meglio se pulita.