Roma, 22 luglio 2018 - Sergio Marchionne prende il volante della Fiat nel 2004, lascia quella di Fca quattordici anni dopo. La prima era un’azienda ferma al palo, la seconda una multinazionale che marcia. Sedi a Londra e Amsterdam, cuore e storia a Torino. Il maglioncino nero – «Non blu, ma siete tutti daltonici?» – con il piccolo tricolore cucito sul polsino – «Lo porto con orgoglio, io» – ne fanno subito un’icona prima di conoscere azioni e parole del manager italo-canadese che non lascerà mai la strada maestra della competizione globale, del cambiamento e della crescita. Marchionne spezza schemi e comfort zone, sfrutta ogni possibilità che gli si pari davanti pur di essere più forte. A costo di rompere usi consolidati, fossero quelli con i sindacati o i rapporti con Confindustria. Pensiero differente, visione e coraggio sono parole ricorrenti nel suo lessico. Specie quando parla ai più giovani: «Cercate da soli la vostra strada, cambiatela tutte le volte che volete, seguite i vostri sogni – dirà agli studenti dell’università di Trento in occasione della laurea ad honorem in ingegneria industriale –. Non lasciate che l’educazione, le abitudini, i vostri stessi preconcetti diventino una prigione. Abbiate sempre il coraggio di cambiare voi stessi, le vostre idee, il vostro approccio, il vostro punto di vista, perché è l’unico modo per cambiare... le cose che non vanno e per migliorare la vostra vita e quella di tanti altri... Pensate a quale impronta volete lasciare, a quale differenza volete fare».
Marchionne, l'uomo che ha rivoluzionato l'auto: così trasformò la Fiat - di G. TURANI
Fare la differenza, come misura quotidiana del proprio agire. E poi il mercato. Libero, necessario. Mai sufficiente. «Il perseguimento del mero profitto scevro da responsabilità morale – disse alla premiazione della Rotman European Trading Competition, alla Luiss di Roma – non ci priva solo della nostra umanità ma mette a repentaglio anche la nostra prosperità a lungo termine... Creare le condizioni per un cambiamento virtuoso è la sfida del nostro tempo». Sfida aperta, non l’unica: i quattordici anni di Marchionne alla Fiat-Fca sono anche una corsa per la competitvità, contro gli ostacoli che condannano il Paese alla bassa crescita. Quando Fca decise di spostare le sedi dall’Italia molti si strapparono le vesti. Pochissimi si posero una domanda: cosa dovrebbe fare l’Italia per attirare imprese, come fanno altri paesi dell’Unione europea? O, più semplicemente, cosa non fare per evitare che quelle italiane traslochino o chiudano? Quel che fosse andato bene a Fca, avrebbe fatto bene anche all’Italia.