L’essere umano è un abisso. “Un abisso che invoca l’abisso” dice una pagina della Bibbia, che indica la natura umana e il rischio della vita. Siamo un abisso, come il più profondo del mare. Sì, ogni assassinio è agghiacciante. E non ha motivo sufficiente per quanto si chiamino in causa la guerra, o l’odio, o la cupidigia.. Ma quando chi lo commette dice di non avere un motivo, allora si spalanca una finestra sul buio. Nei due fatti di cronaca che sembrano accomunati da questa insensatezza si parla di “feeling, di sentimento negativo” e, nell’altro caso, del ragazzo che fa strage dei suoi, di “disagio”. Parole generiche, che indicano realtà impalpabili. Ma si possono afferrare quattro o cinque coltelli e pugnalare una sconosciuta o i tuoi familiari per un motivo che sembra niente?
Psichiatri e esperti si metteranno al lavoro per analizzare, e proveranno a dare un nome o mille a tali feeling o disagi. Ne troveranno di adeguati? Resta il fatto che nella consapevolezza oscurata dei due assassini non emerge dalla nebbia nessun movente. Può essere? Sì, può essere. Lo descrive anche Dostoevskij che come tutti i grandi artisti dell’800 e ’900 (da Baudelaire a Leopardi a Kafka) mette in scena il mistero del male. Lo fanno nell’epoca di cui noi siamo figli, quella in cui la cultura delle élite ha avuto la presunzione di spiegare tutto, di portare in chiaro tutto grazie a scienza, ideologia e tecnica. Poi appare sulla scena il mistero del male. E disorienta, toglie il respiro. E infatti si cerca “il movente del male”. E a volte si prova a mettersi l’animo in pace parlando di “raptus”; o altro che ci tranquillizza. Nell’epoca che vuol sapere tutto, non riuscire a spiegarsi la morte terribile di una dolce innocente ragazza e di una famiglia fa rumore nel nostro cuore, e dovrebbe aprire pensieri nuovi, meno presuntuosi su cosa sia la natura umana e su quali forze la abitano e a volte la possiedono.
Posseduti dal Niente? Sembrano così questi due assassini. Forse non a caso Ruocco, il compagno della povera vittima andava a fare “un saluto al don”, al parroco, tornando nel loro paesino. Andava da uno che si intende di abisso. Invece noi spesso scambiamo il mistero della vita, e quindi del bene e del male, con lo sconosciuto, ciò che ancora non sappiamo, mentre sono due cose diverse. E in questi casi ci si ritrova frastornati. Sull’orlo di un abisso. Che però siamo noi.