Giorgia Meloni ha promesso e garantito in più occasioni che lo Stato “non disturberà” le imprese che lavorano e producono. Però nella manovra c’è una regola, apparentemente tecnica, ma dalla valenza politica rilevantissima, che deve esserle sfuggita: si tratta della previsione della presenza di funzionari e dirigenti del Mef nei collegi dei revisori dei conti delle società private (attenzione al “private”) che ricevono contributi pubblici, diretti e indiretti.
Una norma che costituirebbe, se mai dovesse passare, più che un disturbo, una vera molestia nei confronti del sistema imprenditoriale, oltre che un improvvido incentivo alla fuga per gli investitori stranieri. Ma sarebbe anche la dimostrazione di una cultura profondamente intrisa di statalismo e dirigismo, come non si sarebbe manifestato neanche nelle stagioni più ideologizzate del Novecento o nelle dittature sudamericane alla Maduro.
Non è un caso, del resto, che il vicepremier e leader di Forza Italia, Antonio Tajani, non abbia esitato a bocciare giustamente e senz’appello questo mostro generato, per sua ammissione, negli ambienti dei tecnici del Mef. "Una cosa che non sta né in cielo né in terra, da Stasi, da Germania Orientale: controllare le imprese private con un rappresentante del ministero. La politica la fa il governo non i funzionari del ministero”.
Il punto è che ci troveremmo di fronte a un’entrata a gamba tesa dello Stato dentro meccanismi di gestione aziendale che in tutte le democrazie occidentali di libero mercato sono affidati alle scelte imprenditoriali, mentre il “pubblico” svolge, come è sacrosanto, un ruolo di controllo e di regolazione dall’esterno e in senso generale.
Quel che è peggio, nel caso specifico, è il fondato sospetto che l’operazione abbia, forse, un fine che non ha neanche a che fare con un’impostazione politico-culturale, per quanto deleteria, ma con meri interessi di bottega. “C’è poi – dice Tajani – questa sciocchezza colossale voluta da qualche burocrate del Mef forse per far incassare qualcosa di più ai dirigenti di quel ministero”. Il che, come si dice, si commenta da solo.