Martedì 12 Novembre 2024
AGNESE PINI
Editoriale e Commento

Pianti da eco-ansia e il girare a vuoto della nostra politica

Ha colpito tutti la scena della ragazza che piangeva preoccupata per le sorti del pianeta. Ma di fronte a tutto questo la politica gira a vuoto e rimanda le scelte

Agnese Pini

Agnese Pini

Ci sono le lacrime di Giorgia, che non è Giorgia Meloni e che non è una madre (dice: "Non so se me la sento di avere figli"), che ha 27 anni e che ha fatto scoprire allo schizofrenico dibattito pubblico nazionale un termine finora conosciuto soprattutto nei social della Geneazione Z: “Eco-ansia“. Durante un dibattito al Giffoni Film Festival, di fronte al ministro all’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin anche lui commosso, Giorgia Vasaperna, studentessa siciliana trapiantata a Roma, ha parlato così: "Soffro di eco-ansia, ho paura per il mio futuro". Poi, guardando il ministro: "E lei? Non ha paura per i suoi figli, per i suoi nipoti?". Pichetto Fratin si lascia commuovere, risponde con la voce rotta: "Io ho la forza del dubbio. Ma ho un dovere, per la carica che ricopro, verso di voi e verso i miei nipoti".

È finita idealmente così la settimana degli incendi e delle alluvioni in simultanea, della grandine e degli aeroporti bloccati dalle fiamme, degli alberi sradicati dal vento e degli uomini morti di caldo. È finita con le lacrime di una ragazza e del ministro, e in sottofondo quello spettro che da sempre anima le lotte generazionali: "Stiamo rubando il futuro".

Non voglio dare ricette che non ho, mi limito a qualche considerazione. Come stiamo rispondendo a queste paure, o “eco-ansie” come le chiamano i ragazzi di oggi? Male. Nella peggiore delle ipotesi, irridendole o sminuendole (vi ricordate quando a qualcuno sembrava una trovata sagace e intelligente l’insulto rivolto agli epigoni di Greta Thunberg: i “Gretini”?). Nella migliore delle ipotesi attorcigliandoci in un ideologismo miope, di scarso respiro e di nessuna utilità: divisi come siamo tra complottisti e negazionisti, tra fanatici e cerchiobottisti – e giustamente Antonio Polito lo ha definito "bipolarismo psichiatrico" – finiamo ancora una volta per perdere di vista i punti centrali e molto pratici della questione, finiamo per procrastinare o rabberciare anche le risposte più urgenti di fronte alle nuove esigenze dei nostri territori: urbani, agricoli o naturalistici che siano.

Pensate alla polemica delle ultime 48 ore sui sedici miliardi del Pnrr destinati al rischio idrogeologico e ("solo per ora", assicura il ministero) cestinati. E sempre dalle cronache di questa settimana, una foto: l’aula del Senato coi banchi del governo quasi vuoti nel giorno del decreto Emilia, dopo i disastri provocati dall’alluvione della scorsa primavera. Altro che lacrime.