Roma, 19 novembre 2023 – E poi arriva il momento in cui dici: adesso basta. Il momento in cui tutto ciò che hai visto, ciò che ti ha sconvolto, ferito, spaventato, ciò che ti ha lasciato senza risposte, incerto tra paure e incomprensione, ciò che è rimasto accanto a te senza provocare la reazione decisiva, bene, tutto quello è troppo, perché è accaduto un qualcosa che è andato oltre, oltre la capacità di ogni (sbagliata) sopportazione.
E l’omicidio di Giulia, è questo momento. Perché? Forse perché stavolta abbiamo tutti sperato che i nostri presentimenti e il copione che avevamo già letto e conoscevamo a memoria per esperienza – il canovaccio di tanti femminicidi, più di cento da inizio anno – no, stavolta fosse diverso. Speravamo in un altro finale, non volevamo credere di dovere affrontare l’ennesimo capitolo della strage infinita. Speravano che questi due ragazzi fossero stati ingoiati in un vortice: fuga, follia, rabbia, ma comunque un vortice destinato a chetarsi, a spegnersi, facendoli riemergere ancora vivi dopo giorni sbagliati. Tornate a casa, vi prego, era stato l’appello dei genitori. Gli ex fidanzati scomparsi, era la definizione che rimbombava sui social, sulle tv, e ovunque. Chi li ha visti? Perché, era la speranza – o l’illusione? – sono vivi, sono “solo” spariti, c’è qualcosa di misterioso, certo, ma no, non può essere finita male. Anche se nel profondo della nostra mente sapevamo cose temere. E tutti noi lo avevamo creduto anche se nella corteccia cerebrale, dove sono incastonati ricordi e cose già viste, suonava il campanello d’allarme.
E forse per questo stavolta un intero paese dice basta. Perché è il momento che un dolore diventa insopportabile. Ed è questo sentimento che ha suscitato l’ondata emotiva in tutta Italia, diversa dalle altre volte. Abbiamo sbagliato a sopportare. Elena, la sorella di Giulia, ce lo ha detto: io non starò mai zitta. E sì, ora non stiamo più zitti. Nessuno di noi. Uomini e donne, mai più zitti. Giulia è la sorella di ognuno di noi. Non c’è una graduatoria dell’orrore, se pensiamo agli altri femminicidi non sono meno orribili. La differenza, se la cerchiamo, è che stavolta per alcuni giorni abbiamo sperato di non dovere affrontare l’ennesimo omicidio di una giovane donna. Non è solo rabbia, è delusione, è la presa di consapevolezza che la soglia è stata oltrepassata da tempo. È il momento che si dice basta. A voce alta. Ma con atti concreti, perché oltre l’emozione serve una rivoluzione copernicana nelle relazioni fra uomini e donne.
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