Venerdì 22 Novembre 2024
RAFFAELE MARMO
Editoriale e Commento

Il Papa, Zelensky e un Paese che dà le carte

Il bilancio del G7 italiano, nel quale luci e ombre (con la prevalenza delle prime) si vedono o scompaiono a seconda dall’angolo visuale da cui ci si mette

Papa Francesco accolto dalla premier Giorgia Meloni al G7 di Borgo Egnazia (Ansa)

Papa Francesco accolto dalla premier Giorgia Meloni al G7 di Borgo Egnazia (Ansa)

Roma, 16 giugno 2024 – È un bilancio, quello del G7 italiano di Borgo Egnazia, nel quale le luci e le ombre (e la prevalenza delle prime o delle seconde) si vedono o scompaiono a seconda dall’angolo visuale da cui ci si mette. Se ci si pone dal punto di vista di Giorgia Meloni, il conto finale è più che favorevole per lei. La premier ha dimostrato di sapere e di potere dare le carte sullo scenario europeo e internazionale. Assistita e supportata da una sherpa d’eccezione (l’ambasciatrice Elisabetta Belloni, attuale capo dei servizi segreti italiani), è riuscita a trasformare il vertice in un G9, con l’eccezionale presenza di Papa Francesco e quella di Volodymyr Zelensky, per non dire di tutti gli altri ospiti di peso, che una volta si sarebbero chiamati “non allineati” e oggi si definiscono Brics: da Lula a Milei, da Modi a Erdogan, fino a una significativa rappresentanza dell’Africa.

Lo zar di Mosca deve essersi sentito molto più solo e isolato di fronte al mondo radunato in Puglia, ma, soprattutto, ha dovuto subire un’intesa che sembrava impossibile: quella sull’utilizzo a favore di Kiev dei profitti derivanti dagli asset russi congelati. E, dunque, sull’Ucraina il risultato del G7 è più che rilevante.

Si può discutere, invece, l’esito del summit per il capitolo dei temi etici (aborto e diritti Lgbtq) sui quali è deflagrato lo scontro tra Meloni e Emmanuel Macron. Ma, anche in questo caso, se ci

si pone solo dal punto di vista della premier italiana, la conclusione, minimalista e reticente, è quella che ha voluto Palazzo Chigi, ben sapendo che, a differenza del versante ucraino, parliamo di una partita tutta ideologica, perché le scelte vere in materia competono agli Stati e le dichiarazioni di un consesso internazionale sono solo di indirizzo. Il punto è che dietro la contesa tra Italia e Francia sull’aborto c’è la partita delle nomine in Europa nel mezzo del caos politico d’Oltralpe: peccato, però, per Macron, che, più che con Meloni, dovrà fare prima i conti con Marine Le Pen.