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Papa Francesco, 88 anni, è ricoverato da tredici giorni al Policlinico Gemelli
Il tramonto di ogni papato - perché di questo parliamo, e poco cambia che si tratti di due giorni, due settimane, due mesi o due anni e più come tutti si augurano – ha da sempre agitato le contrapposte corti della reggia pontificia, causando un immancabile svolazzare di corvi intorno al cupolone di San Pietro. Puntuali i corvi si sono alzati anche stavolta, quando il papa argentino versa in condizioni critiche al Gemelli. I corvi non sono solo quelli che mettono in giro vere e proprie fake news, in tal caso sarebbe meglio chiamarli sciacalli, ma quelli che spargono spifferi interessati per diffondere un clima di sfiducia sulle capacità di governo del Pontefice. La variante in mano ai corvi è stavolta quella delle (paventate? auspicate?) dimissioni, variante che dopo Bendetto XVI ha assunto forma reale. Il sottotesto di tante altolocate interviste, di tante dichiarazioni è che, anche se si dovesse ristabilire, il Papa alla fine non potrebbe che scegliere di lasciare.
All’opposto ci sono le voci diffuse dai fedelissimi, la corte vicina al Papa, per i quali la fine del pontificato bergogliano significherebbe anche la propria fine e allora è tutto un diffondere previsioni ottimistiche, oltre ogni immaginazione. Il tutto condito dai bollettini della sala stampa vaticana che talvolta contegno anche loro notazioni a dir poco singolari, tipo quelle in cui si sottolinea (è accaduto anche ieri) il fatto che il Papa "ha lavorato". Come fosse possibile, o anche solo consigliabile, "lavorare" a un uomo di 88 anni in condizioni dalle stesse fonti ufficiali definite "critiche".
Per tutti sarebbe forse il caso invece di invocare il rispetto umano sulle condizioni di salute di un uomo molto anziano, ammalato, che ha il diritto di vivere una fase delicata della propria esistenza senza assistere al triste spettacolo di gente che specula in forma più o meno interessata sulla sua vita. Sarebbe forse una bella testimonianza di spirito cristiano.