Giovedì 21 Novembre 2024
Agnese Pini
Editoriale e Commento

Da destra a sinistra: l’uso strumentale della vita umana

Il processo Open Arms che vede coinvolto Matteo Salvini ha riacceso il faro sui migranti, ma ancora una volta solo per la ricerca del consenso. Vale in Italia e in tutto il mondo occidentale

Processo Open Arms: "Sequestrò 147 migranti". Chiesti sei anni per Salvini. Il ministro: difesi i confini

Processo Open Arms: "Sequestrò 147 migranti". Chiesti sei anni per Salvini. Il ministro: difesi i confini

Roma, 15 settembre 2024 – Erano scomparsi dall’agenda dei partiti, dimenticati dal dibattito pubblico, non più arena selvaggia di scontro per un pugno di voti in più. I migranti avevano da tempo cessato di essere un problema, o meglio, il problema. Ieri, la clamorosa richiesta di sei anni di reclusione per il vice premier Matteo Salvini nel processo Open Arms, ha riportato indietro le lancette del tempo a un 2019 che sembrava lontanissimo. Ricordandoci una volta di più quanto la vita umana abbia ancora e sempre un prezzo: politico, innanzitutto. La vita umana dei senza diritti – dei non cittadini, per definizione giuridica – ha un prezzo variabile a seconda dell’umore, dei momenti, dei tornaconto elettorali, dei braccio di ferro partitico-giudiziari che hanno il solo effetto di indebolire istituzioni già tanto fragili come le nostre. Tanto in caso di condanna quanto in caso di assoluzione, il processo a Salvini sarà - ed è già diventato – il nuovo terreno fertile per risvegliare i bassi istinti della politica italiana, i soli che sa usare quando viene messa di fronte a questioni troppo grandi per essere esaurite con slogan posticci, nello spazio breve di un dibattito meramente elettorale.

È subito partito il solito can-can in cui tutti, a destra e a sinistra, hanno ripreso a parlare a ruota libera – a seconda delle appartenenze – di difesa dei confini e dignità della vita umana, interesse della nazione e tutela dei più deboli, con una riproposizione di schemi che ormai conosciamo a memoria. Eppure, di fronte a questo improvviso risveglio, alzi la mano chi ricorda, non dico nelle ultime settimane, ma anche negli ultimi mesi, qualcuno che abbia affrontato in modo pur blando il tema immigrazione, ossia lo stesso tema che per anni e anni ha occupato il dibattito pubblico. Di quel dibattito-frullatore non c’è più traccia da tempo, a fronte di un quadro che, invece, non ha subito modifiche radicali rispetto al passato. Perché è verissimo che i numeri degli sbarchi quest’anno sono diminuiti rispetto al 2023 (sono stati 25.000 nei primi 6 mesi dell’anno), ma alla fine si tratta di cifre simili a quelle che in Italia avevamo nel 2021 e nel 2022, quando al governo c’era Mario Draghi e il tema veniva inserito fra le emergenze del Paese.

Il punto è proprio questo, alla fine: l’uso strumentale che si fa della vita umana. Voti sulla pelle delle persone. Vale in Italia e in tutto il mondo occidentale. Vale per la destra – che ci costruisce intere campagne elettorali – ma anche per la sinistra, e l’ultimo esempio in ordine di tempo è quello di uno come Olaf Scholz, il socialistissimo presidente tedesco, che ha annunciato una stretta draconiana all’immigrazione. Lo ha fatto soprattutto per rispondere all’avanzata dell’estrema destra di AfD, che sta mangiando enormi spazi di consenso giocandosi il tutto e per tutto sul tema della sicurezza. Ripartendo dalla domanda a cui lo Stato di diritto, almeno nell’Occidente, aveva saputo dare risposte chiare, eppure ormai sempre meno solide: quanto vale la vita umana? "Non vi è libertà ogni qualvolta le leggi permettono che l’uomo cessi di essere persona e diventi cosa": su queste parole Cesare Beccaria aveva gettato le basi di tutto l’impianto che ancora oggi regola – o dovrebbe regolare – i diritti inviolabili dell’essere umano. Sono passati tre secoli e non abbiamo ancora imparato la lezione.