Roma, 1 settembre 2024 – La designazione di Raffaele Fitto a commissario europeo segna di fatto, per chi voglia cogliere il significato politico della scelta, il possibile ritorno di Giorgia Meloni all’approccio con l’Europa avuto fino allo strappo del voto contrario a Ursula von der Leyen. È dentro l’alveo di una ripresa e di una ricucitura del dialogo con la presidente della Commissione che si colloca anche l’indicazione del ministro del Pnrr. Sia perché Fitto è, per cultura e sensibilità, un democristiano europeista. Sia perché ha una lunga esperienza parlamentare e una radicata consuetudine di presenza tra Bruxelles e Strasburgo.
Ma se, ai fini di un ritorno al futuro, l’uomo prescelto conta, non di meno contano altri segnali arrivati nelle ultime settimane. In primo piano c’è la visita a Palazzo Chigi del leader dei Popolari europei, Manfred Weber. È lui il garante contro il rischio di colpi di scena e di bocciature del candidato italiano nel voto al Parlamento europeo. Ed è sempre lui il mediatore di un incarico con deleghe di peso per Fitto in Commissione: questo anche a dispetto di chi osserva come tra il big del Ppe tedesco e von der Leyen non corra buon sangue.
È del tutto evidente che, in questo quadro, un ruolo di primo piano lo ha svolto e continua a farlo il vicepremier Antonio Tajani. Il leader di Forza Italia, esponente di spicco dei Popolari, non ha mai condiviso la scelta del voto contrario di Meloni al pacchetto dei Top Jobs, i vertici delle principali istituzioni dell’Ue. E non si è mai rassegnato a questa soluzione. Da qui un’intensa attività diplomatica tra Palazzo Chigi, von der Leyen e lo stato maggiore del Ppe per far ripartire quella trattativa e quel dialogo destinati ad assicurare, nell’immediato, un portafoglio di rilevo all’Italia e, in seguito, un atteggiamento non negativo sulla legge di Bilancio e sulla procedura d’infrazione. La vicepresidenza della Commissione per Fitto, a questo punto, sarà la cartina di tornasole dell’operazione ricucitura.