ERA il 1979. Con largo anticipo sulle Fallaci e sugli Houllebecq, il poeta rumeno naturalizzato francese Emile Cioran levò un monito vagamente profetico: «I francesi non si sveglieranno fino a quanto la cattedrale di Notre Dame non sarà diventata una moschea». Notre Dame è ancora una chiesa cattolica, ma una chiesa cattolica è stata ieri violata in Francia. Sgozzato un prete e feriti quattro fedeli, l’Isis ha rivendicato. Non sarà una guerra di religione, ma la religione c’entra. C’entra eccome. Parentesi obbligata in ossequio alla realtà dei fatti e al politicamente corretto: non si può generalizzare, in Europa risiedono 30 milioni di musulmani per lo più pacifici, musulmane sono la maggior parte delle vittime dell’Isis ed è persino possibile che, come dicono molti analisti, i terroristi puntino davvero a radicalizzare le opinioni pubbliche europee in modo da compattare attorno a sé il variegato universo islamico. Fatta la doverosa premessa, e osservato che per l’ennesima volta gli apparati di sicurezza francesi si sono dimostrati inadeguati, torniamo al punto: la religione. La nostra è divisa.
LA CHIESA cattolica oscilla tra quanti, come ha fatto ieri il cardinale guineiano Robert Sarah, invitano l’Occidente ad aprire gli occhi sulla minaccia islamica, e chi, come papa Francesco, evita persino di pronunciare la parola Islam. Ma col passare dei secoli la Chiesa cattolica si è evoluta. L’Islam no. E infatti la maggior parte dei musulmani, anche quelli che risiedono in Europa, ritiene che la donna debba essere sottomessa all’uomo e la politica alla religione. Posizioni per noi inaccettabili. Non sarà una guerra di religione, va bene, ma il modo in cui vengono trattate le religioni diverse dalla propria ci insegna qualcosa. In diversi paesi musulmani la Chiesa cattolica è proscritta. Lo è soprattutto in Arabia Saudita. «Tutte le chiese cattoliche vanno distrutte», ha scandito un anno fa il gran muftì saudita Abdul Aziz bin Abdullah. Ora, sarebbe fin troppo facile indugiare su cosa sarebbe accaduto a parti invertite. Cosa sarebbe accaduto nel mondo islamico che il Papa avesse invitato i fedeli a dar fuoco alle moschee. Cosa sarebbe accaduto se un cattolico avesse sgozzato un imam inneggiando a Gesù Cristo. Troppo facile. NON LO FAREMO. Ma un minimo di reciprocità, concetto a suo tempo impugnato con forza dal cardinal Biffi, sarebbe il caso di pretenderlo. Soprattutto dai sauditi, legati all’Isis dal comune ceppo wahabita e da un un mai interrotto fiume di denaro. E invece nulla. I governi, anche quelli che non hanno paura di dire che siamo in «guerra», fanno finta di niente. A partire dalla Francia, gli stati occidentali con i sauditi continuano a fare fior di affari. Mentre nelle città europee si chiude un occhio sull’infibulazione, la poligamia e il velamento dei volti femminili praticati da molti musulmani ivi residenti. Non si tratta di fare una guerra di religione, si tratta di difendere i cardini (laici) della nostra civiltà: separazione tra Stato e Chiesa, libertà individuali e di culto, parità di condizione tra uomo e donna. Se non lo facciamo certifichiamo l’avvenuta decadenza dell’intero Occidente. E allora non ci resta che porgere, evangelicamente, l’altra guancia.