Roma, 2 giugno 2024 – E’ il richiamo alla scelta del popolo italiano del 2 giugno del ’46: e come allora "la congiuntura internazionale propone nuovamente oggi tempi straordinari". Tempi nei quali impegnarsi per la pace come precondizione per perseguire la libertà e la democrazia, la crescita economica e i diritti. Ma le solenni parole del Capo dello Stato per la Festa della Repubblica rinviano anche, almeno a pari titolo, a un altro evento, questa volta infausto, di quella terribile stagione: il richiamo implicito è a quella Conferenza di Monaco del ’38 che vide i leader dei Paesi democratici, l’inglese Neville Chamberlain e il francese Édouard Daladier, "cedere" di fronte ai dittatori Adolf Hitler e Benito Mussolini. E aprire la strada alla Seconda guerra mondiale. Sergio Mattarella non li indica e non cita la politica dell’appeasement, ma è evidente il senso del suo monito. Ai pacifisti unilaterali, veri o finti, strumentali o convinti, ingenui o consapevoli, anti-Nato e anti-tutto, che dicono no alle armi all’Ucraina senza se e senza ma, e, però, anche ai perplessi, agli scettici e agli attendisti, il presidente della Repubblica manda un avviso netto. Non ci può essere una pace figlia dei cedimenti. Occorre rifiutare – spiega – con determinazione "baratti insidiosi: sicurezza a detrimento dei diritti, assenza di conflitti aggressivi in cambio di sottomissione, ordine attraverso paura e repressione, prosperità economia in cambio di sudditanza". Dunque, ristabilito il metodo di una pace che non sia disarmata (anche eticamente), il Capo dello Stato torna a fissare, come a voler rammentare agli smemorati di ritorno, il merito dell’attuale tragedia in corso: "La Russia ha riportato la guerra nel cuore dell’Europa e ha lanciato una nuova, angosciosa, corsa agli armamenti". Non sappiamo (ma possiamo ipotizzarlo) se il Capo dello Stato si sia determinato a questo passo di fronte ai tentennamenti di tutti i partiti italiani o quasi, manifestati sia pure con toni differenti, verso le scelte dei principali partner europei e Nato sul salto di qualità da compiere nella difesa dell’Ucraina, ma di sicuro il suo messaggio ha molti destinatari interni e internazionali.
Editoriale e CommentoLa pace non si baratta con i diritti