Venerdì 22 Novembre 2024
DAVIDE NITROSI
Editoriale e Commento

Vedere da vicino per informare: è il giornalismo

“Essere giornalista per me significa essere disubbidiente”, scriveva Oriana Fallaci

Un fermo immagine tratto dal Tg1 delle 20 mostra l'inviata Stefania Battistini che racconta il dietro le quinte del reportage realizzato con Simone Traini in territorio russo

Un fermo immagine tratto dal Tg1 delle 20 mostra l'inviata Stefania Battistini che racconta il dietro le quinte del reportage realizzato con Simone Traini in territorio russo

Roma, 18 agosto 2024 – C’è un abisso fra il giornalismo e la narrazione incontrollata del web, fra osservare dal vivo e vedere un filmato, fra la realtà e il fumo della propaganda. E la vicenda dei giornalisti Rai costretti ad abbandonare la zona di guerra in Russia è l’ennesima dimostrazione che l’informazione è un bene da salvaguardare di fronte alla tracotanza di ogni potere.

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“Per capire la guerra bisogna guardarla da vicino”, aveva detto l’inviata del Tg1 Stefania Battistini in occasione della presentazione del suo libro sulla guerra in Ucraina. Brutto vizio quello di voler vedere o verificare le fonti. Ai despoti non piace. Ma non solo a loro. Eppure è solo ficcando il naso dove non si dovrebbe e avvicinandosi ai luoghi e alle persone che si dirada la nebbia della disinformazione. È la differenza fra il giornalismo e l’ossessiva infodemia di social, canali web e soprattutto comunicazioni ’ufficiali’. C’è la rappresentazione di un evento e c’è il suo racconto nudo e crudo. Da una parte l’obiettivo è veicolare un’informazione di comodo, dall’altra avvicinarsi alla verità per permettere all’opinione pubblica di pensare e valutare. Possiamo scorrere migliaia di video sulle guerre prodotti da ministeri della Difesa, eserciti, presunti influencer. Ma è la realtà ciò che vediamo? I mercenari della Wagner raccontano su Telegram le loro gesta, ammantate dalla retorica dell’eroismo. Ma non serve essere tagliagole per volere addomesticare l’informazione. Di fronte ad ogni forma di potere non occorrono autorizzazioni ma solo gli occhi di un reporter che scava oltre il comunicato ufficiale. Chiedere il permesso è la morte del giornalismo e quindi della democrazia. Vale per gli inviati di guerra, ma anche per chi scrive di politica, cronaca, sport, economia, cultura nelle cronache nazionali e locali. “Essere giornalista per me significa essere disubbidiente”, scriveva Oriana Fallaci. Una lezione in primo luogo per noi che facciamo questo mestiere.