Roma, 7 gennaio 2025 – Il governo appare caratterizzarsi per una paradossale asimmetria. Idee chiare e decisioni coerenti sulle cose grandi, incertezze e confusioni su molte di quelle piccole. Tra le prime merita un riconoscimento il posizionamento internazionale. Ieri con Biden, ora con Trump. Le polemiche sulla subalternità agli americani sono ridicole in un Paese che ha visto il formarsi di un governo per sostenere, senza voto parlamentare, la discutibile guerra nei Balcani per l’indipendenza del Kosovo. La stessa collocazione europea è risultata vincente con il vicepresidente esecutivo italiano mentre la contestazione del green deal ideologico sembra ormai maggioritaria. Il Piano Mattei per l’Africa corrisponde infine alla valorizzazione della nostra localizzazione geopolitica. Nell’interesse dell’Europa tutta.
Nella stessa dimensione delle “cose grandi” si iscrive poi la tenuta dei conti pubblici, evidenziata dall’avanzo primario che rende credibile il rimborso del debito e agevole il collocamento dei titoli. Tutto ciò con la scelta di ridurre la progressività del prelievo fiscale su lavoro e imprese.
Insomma, la cultura liberale occidentale può essere soddisfatta. In questo contesto, i pasticci sulle cose piccole risultano ancor più assurdi. Emblematico è stato il passaggio parlamentare della legge di Bilancio. E non certo per il monocameralismo di fatto che è in vigore da anni e segnala, piuttosto, la esigenza della modifica, quanto meno, dei regolamenti parlamentari. Significative sono state piuttosto le misure prima tolte e poi rimesse o quelle annunciate e poi rinunciate fino a qualche errore di stima delle spese indotte dagli emendamenti. Analogamente, la quotidianità di molte amministrazioni regala scontenti e contestazioni anche in settori della società non pregiudizialmente ostili.
Un buon proposito per il nuovo anno dovrebbe essere quindi l’allineamento tra l’ordinario e lo straordinario.