Chi è stato presidente del Consiglio difficilmente lo dimentica. Non lo dimentica Matteo Renzi. Non lo dimentica Giuseppe Conte. Renzi ha modeste possibilità di tornare a Palazzo Chigi e si diverte a fare il corsaro. Nel 2019 patrocinò la nascita del governo Pd-5 Stelle per non essere travolto dalle elezioni anticipate dopo il Papeete di Salvini e fece la scissione. Poi ha fatto cadere il governo Conte II che aveva lanciato. Poi si è eretto ad alfiere dell’ala centrista anti Pd. Poi, escluso dal Parlamento europeo, ha abbracciato Elly Schlein offrendole i voti (pochi, ma talvolta decisivi) per completare la costruzione del campo largo anti-Meloni.
Al contrario di Renzi, Conte vuole tornare a Palazzo Chigi e soprattutto gli fa venire l’orticaria che possa andarci Elly Schlein. Ha partecipato alla costruzione del campo largo come elemento indispensabile per arrivarci, ma ne è diventato ‘socio non frequentante’ e ogni tanto dimentica di pagare le quote. Abilissimo nel conquistare la Sardegna per Alessandra Todde, ha fatto un po’ di guerriglia in Puglia e altrove per dimostrare un’insoddisfazione di fondo. Il risultato negativo delle Europee era scontato perché il Movimento dà il meglio solo alle Politiche. E infatti i primi risultati autunnali lo premiano, ma il Pd resta pur sempre sopra di dieci punti. E allora Conte vuole distinguersi. Non gli va giù l’accordo della Schlein con il suo ‘assassino’ Renzi, manda in giro la voce che questa coppia potrebbe perdere la Liguria e soprattutto non è disposto a sacrifici.
In nome di che avrebbe dovuto rinunciare al suo consigliere d’amministrazione in Rai e ad altri probabili benefici all’interno dell’azienda? Di una solidarietà nella quale non crede? Meglio l’uovo oggi che la gallina domani. Tanto più che l’ovetto l’hanno preso anche Verdi-Sinistra riempiendo con Roberto Natale, apprezzato dall’intera sinistra, la casella destinata ai Democratici. Nell’ottica di Conte, il partito maggiore della sinistra è da sempre molto ben piazzato in Rai. Storicamente, ha avuto il maggior numero di consiglieri d’amministrazione (staccata, al secondo posto, Forza Italia) e un ruolo egemone nelle direzioni e nella gestione dei programmi.
Con questo governo, il Pd è stato in parte ridimensionato, ma continua ad occupare posizioni chiave (un esempio: se Stefano Coletta, già potente direttore del palinsesto, dovesse diventare coordinatore dei generi televisivi, sarebbe di fatto il numero 2 dell’azienda dopo l’ad). Visto che le elezioni politiche sono lontane e la prospettiva di diventare il candidato del campo largo allo stato è lontanissima, Conte prende quel che può. Come dice Fratoianni, che con Bonelli ha rotto anche lui il campo largo sulla Rai, "è la politica, ragazzi".