ALTRO che veleno, quello contenuto nella coda della sentenza sull’Italicum per Matteo Renzi è un toccasana. Un vero e proprio balsamo politico. Il fatto che i giudici della Corte costituzionale abbiano scritto che «la legge elettorale è suscettibile di immediata applicazione» significa che è tecnicamente possibile andare al voto già in giugno. Al Quirinale non si sbilanciano. È però ragionevole ritenere che se le motivazioni della sentenza non lasceranno intendere il contrario, Sergio Mattarella potrà considerare colto l’obiettivo di avere sistemi elettorali sostanzialmente omogenei tra Camera e Senato. Caduta così l’unica condizione posta dal capo dello Stato per interrompere la legislatura, la scelta di anticipare le elezioni tornerebbe a essere squisitamente politica. Seguono due interrogativi. Riuscirà Matteo Renzi a ottenere lo scioglimento del parlamento piegando le resistenze degli alleati, di Berlusconi e di parte dello stesso Pd?
NON SAREBBE forse più conveniente per l’ex premier evitare di far cadere il terzo governo dem, lasciare che la prossima finanziaria lacrime e sangue sia firmata da Gentiloni e nel frattempo serrare davvero la presa sul partito? Conoscendolo, il Fiorentino risponderebbe «sì» alla prima domanda e «no» alla seconda. Renzi non è cambiato, si considera ancora egemone nel partito così come nella maggioranza e ritiene vitale andare al voto al più presto.
Ma quel che immaginiamo stia a cuore al lettore è sapere non solo quando si voterà, ma soprattutto con quali prospettive politiche. Per rispondere occorre spostare lo sguardo dal palazzo di Montecitorio a quello della Rai. Sempre a Roma si trovano, ma su sponde opposte del Tevere. È infatti noto che chi vuole capire per tempo le tendenze della politica nazionale deve osservare con attenzione le scelte della televisione pubblica. Banderuola di ogni vento e termometro di ogni febbre politica, Mamma Rai da sempre serve il potere e con l’ansia di chi deve necessariamente accreditarsi spesso ne anticipa i giochi. Il Festival di Sanremo è forse la sua la vetrina più nota, e il Festival di Sanremo che andrà in onda la prossima settimana sarà il frutto di un insolito connubio Rai-Mediaset. Lo condurranno Carlo Conti, volto noto della tivù di Stato, e Maria De Filippi, regina della concorrenza. Dalla competizione all’alleanza, dalla rivalità alle sinergie. È questo il segno premonitore di ciò che probabilmente ci attende: un’unione tra avversari, Renzi e Berlusconi, non per condurre Sanremo (peccato, sarebbe un successo epocale) ma per governare l’Italia.
CI ARRIVEREMO grazie alla legge elettorale scodellata dalla Consulta. Un proporzionale puro, essendo irraggiungibile per un solo partito il premio di maggioranza del 40%. Ed è inutile illudersi, inutile sperare che i partiti lo correggano in chiave maggioritaria: se ne avessero avuto l’interesse o la forza l’avrebbero già fatto. Invece, così come accadde col famigerato Porcellum, si sono messi alla finestra lasciando che a scrivere le regole della rappresentanza politica fosse la Corte Costituzionale anziché il Parlamento. Un brutto spettacolo cui siamo ormai assuefatti.