Lunedì 29 Luglio 2024
DAVIDE NITROSI
Editoriale e Commento

Ma la gogna moralista non è giustizia

Il caso della conversazione in carcere tra Filippo Turetta e i genitori: le parole del padre sui femminicidi, le scuse e il voyeurismo dei sentimenti

++ Il padre di Turetta, chiedo scusa per frasi stupide ++

Un fermo immagine del Tg1 del colloquio in carcere tra Filippo Turetta e i genitori

Su questo giornale abbiamo raccontato con molta attenzione la vicenda di Giulia Cecchettin, denunciando con tutta la forza che ci è concessa la strage infinita delle donne, l’orrore dei femminicidi e la cultura di sopraffazione maschilista che ha spinto troppi uomini a uccidere una donna perché incapaci di accettare i successi professionali, la vita, l’alterità, le scelte affettive di una persona che consideravano una proprietà. E continueremo a denunciare per cercare di ricostruire una cultura diversa.

Ma non si può tacere lo scandalo e la disumanità di allegare agli atti dell’inchiesta – e quindi renderle pubbliche – le prime conversazioni in carcere fra Filippo Turetta, il killer di Giulia, e i genitori sconvolti. Riportando negli atti conversazioni intime inutili sul piano giudiziario, ma utili solo per dipingere un quadro falsamente moralistico. Non si dica che il padre voleva giustificare il figlio. Non lo ha mai giustificato e ieri questo uomo che vive l’altra tragedia dentro la tragedia enorme dei Cecchettin, si è scusato. “Ho detto fesserie, temevo che Filippo si suicidasse, quegli istanti erano devastanti”.

La conversazione intima tra un padre sull’orlo dell’abisso e un figlio non è materia per un talk show, ma non è neppure argomento da sottoporre ai giurati del processo che giudicherà Filippo Turetta e il suo gesto. Chi ha scelto di inserire quelle intercettazioni nelle carte giudiziarie dopo aver vagliato che non contenevano elementi per l’indagine? Il voyeurismo dei sentimenti non fa avanzare il processo culturale contro il maschilismo che nega alle donne anche il diritto alla vita.

È solo il triste e becero tentativo di costruire un’opinione pubblica che condanna non tanto il presunto reo, ma la famiglia, l’ambiente e magari così autoassolve un sistema da eventuali rimorsi culturali. Senza curarsi del fatto che la gogna moralista non renderà mai giustizia alla povera Giulia.