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Federica Brignone ha vinto lo slalom gigante ai mondiali di sci 2025
Milano, 14 febbraio 2025 – Magari non ditelo a Donald Trump, che ovviamente sostiene che la plastica in mare non rappresenta poi un problema. Però e per fortuna, l’italiana neo campionessa del mondo di gigante la pensa in modo diametralmente opposto. Tanto da aver portato avanti una generosa campagna in materia.
Parto da qui per segnalare che Federica Brignone non è soltanto una bravissima sciatrice, erede degna della leggendaria Deborah Compagnoni, ultima iridata tra le porte nel remoto 1997 (eravamo al Sestriere, per la cronaca).
No. Ho avuto modo di conoscere un minimo Fede e sempre ho apprezzato la sua consapevolezza di appartenere ad una generazione che non accetta il mondo così com’è, perché coltiva il desiderio di provare a cambiarlo per renderlo migliore, o almeno meno brutto. E badate che questo è un messaggio importante, circondati spesso come siamo, giovani e ahimè meno giovani, dalle barriere della rassegnazione.
Aggiungo un’altra cosa. Federica sta ottenendo le soddisfazioni maggiori adesso che anagraficamente è più vicina ai quaranta che ai venticinque anni. È come se il Tempo, con la maiuscola, si stesse prendendo la briga di risarcirla per un torto subito.
Mi spiego. A oggi, Fede è l’unica italiana nella storia dello sci alpino ad aver conquistato la Coppa del Mondo assoluta. Un prodigio senza precedenti e fin qui senza repliche. Per capirci, il trofeo che tra i maschi hanno in bacheca solo Gustavo Thoeni, Piero Gros e Alberto Tomba. Ma il destino volle che l’impresa di Brignone venisse a coincidere con la tragedia immane del Covid, a inizio 2020: sicche’ quel trionfo non è mai stato celebrato adeguatamente. Colpa di nessuno, se non della pandemia: eppure, fu un peccato.
Può darsi poi che la contemporanea presenza sulla neve di una personalità debordante (eufemismo) come quella di Sofia Goggia, ieri subito fuori gara, abbia contribuito ad accentuare lo spirito agonistico di Fede: di sicuro in questo Mondiale di Saalbach è stata irresistibile, al contrario della collega bergamasca. La tigre non ce l’aveva solo sul casco, ma anche nelle gambe e nel cuore. E si è visto.
Ultima cosa. Dodici mesi dopo aver vinto il titolo iridato al Sestriere, Deborah Compagnoni andò a prendersi l’ennesimo oro olimpico a Nagano, nel 1998.
Quanto manca al gigante di Milano Cortina?