Sabato 21 Dicembre 2024
RAFFAELE MARMO
Editoriale e Commento

La demagogia fiscale? Pessimo affare

La finzione degli extra profitti

Il ministro dell'Economia e Finanze Giancarlo Giorgetti (Ansa)

Il ministro dell'Economia e Finanze Giancarlo Giorgetti (Ansa)

Roma, 6 ottobre 2024 – Gli extraprofitti e la relativa richiesta di tassarli sono diventati da qualche anno come l’Araba Fenice della politica e l’Araba economica di parte di questo governo, come anche di larghi settori dell’opposizione e di una fetta rilevante del fronte sindacale che, almeno a parole, si mostra compatto nel rivendicare interventi e prelievi fiscali su questa sorta di Eldorado. Eppure, se non fossimo consapevoli di trovarci di fronte a un’illusione ottica, utilizzata strumentalmente dai populismi di ogni bandiera, di destra e di sinistra, dovremmo concludere amaramente che la razionalità del governare e anche del fare opposizione si è persa completamente.

Gli extra profitti, del settore bancario o assicurativo o di qualsiasi altro comparto, semplicemente non esistono. O sono profitti e come tali vanno tassati secondo le regole previste in generale e se sono a un livello elevato anche la tassazione, o meglio, il gettito che ne deriva, sarà altrettanto ingente in proporzione. O non sono profitti e di conseguenza non ci sarà tassazione possibile su una base che non c’è.

È scritto, questo sacrosanto principio, nella Costituzione, che non parla, non a caso, di extra profitti, ma fissa, invece, i cardini del prelievo tributario sulle persone e sulle imprese.

Il dibattito in corso da qualche anno, dunque, appare, più che altro, un alibi o una finzione propagandistica per evitare di andare a fondo su quelle riforme della spesa pubblica improduttiva di cui il Paese ha ancora bisogno, tanto più alla luce del nuovo Patto di stabilità. Meglio, invece, puntare l’indice simbolico su una finta fonte di entrate, colpendo nell’immaginario collettivo categorie che il populismo addita da anni come bersagli.

Il problema, però, è che bisognerebbe fare, contestualmente, i conti con i danni della demagogia fiscale a buon mercato: basterebbe pensare, in questo senso, all’incertezza che ipotesi di questa natura generano per i mercati e per gli investitori. Con il risultato che, alla fine della fiera, non solo lo Stato non incasserebbe un euro in più, ma il sistema Paese avrebbe subìto una caduta nella fiducia di soggetti-chiave della crescita e dello sviluppo. Quel che si dice un pessimo affare.