
Donald Trump e Giorgia Meloni
Ma cosa sta succedendo alla politica italiana? Se guardiamo l’ultima settimana, e confrontiamo le beghe di casa nostra con quanto, contemporaneamente, accadeva nel resto del mondo, esce un’istantanea tra il surreale e potremmo addirittura dire il comico, se la situazione non fosse insieme, per una volta, sia grave che seria.
Nel resto del mondo: Trump e Putin si giurano amicizia in una telefonata fiume, Netanyahu torna a bombardare selvaggiamente Gaza, la Germania annuncia un piano di riarmo senza precedenti, in Turchia va in scena un golpe, la Francia rispolvera lo scudo nucleare, al Consiglio Europeo i leader sono impegnati a capire come e quando riorganizzare i propri eserciti rispondendo all’appello - per ora piuttosto futuristico e futuribile - di Ursula von der Leyen.
E in Italia? Maggioranza e opposizione passano gli ultimi tre giorni ad azzuffarsi sul Manifesto di Ventotene del 1941. Nel frattempo, il Pd litiga sull’uso della parola “radicale” dentro un documento sul Rearm Eu. Salvini telefona a JD Vance e sfila a Bruxelles dicendo che sulla politica estera non decide Meloni. I 5 Stelle, che non hanno partecipato alla manifestazione del 15 marzo sull’Europa, stanno organizzando un’altra manifestazione “per l’Europa ma non per questa Europa”.
Ora: perché sta succedendo tutto questo? Perché ci accapigliamo sui testi storici e su vane dichiarazioni, su distinguo di minima rilevanza? Perché il nostro dibattito pubblico è così incapace di esprimere visioni forti?
In un momento storico in cui tutto sta cambiando, è ingenuo pensare che la politica italiana possa restare immune agli stravolgimenti in corso. Stanno saltando gli accordi e le garanzie decennali che regolavano i rapporti tra Europa e Stati Uniti, e dunque Italia e Stati Uniti: come potranno non cambiare, anche a casa nostra, gli equilibri tra le coalizioni e gli assetti dei singoli partiti?
La trasformazione è già in atto, anche se il tema non è ancora dibattuto ufficialmente. Lo vediamo nelle posizioni ambigue di Lega e 5 Stelle, nelle prudenze di Meloni, nelle tensioni interne al Pd, nel tentativo di Forza Italia di ancorarsi alla sua tradizione europeista. Non solo le coalizioni si ridisegneranno, ma è probabile che anche i partiti stessi dovranno cambiare pelle. E dunque la vera sfida per i leader italiani, al di là delle zuffe di piccolo cabotaggio a cui stiamo assistendo, sarà questa: capire prima degli altri come cambieranno gli assetti. Perché cambieranno. E chi si farà trovare impreparato, rischia di restare fuori partita.