Martedì 12 Novembre 2024
AGNESE PINI
Editoriale e Commento

L’Europa si sposta più a destra. In bilico i vecchi equilibri

Regge la maggioranza pro Ue, incognite sull’Ucraina

Roma, 10 giugno 2024 –  La fotografia è chiara, l’esito inequivocabile, l’effetto è già di terremoto: l’Europa vira a destra, lo fa con decisione a tratti clamorosa, coi governi a trazione liberale o socialista che un po’ ovunque vacillano e in un caso addirittura crollano, al punto che in Francia Macron - doppiato dalla rivale Le Pen - è costretto a chiamare le elezioni anticipate, facendo calare un amaro sipario su una campagna elettorale condotta in modo affannoso e talvolta azzardato. È la vittoria della destra, certo, ma anche e di conseguenza di quelle forze che più di altre hanno girato le spalle al sostegno all’Ucraina, alle politiche comunitarie che volevano una sforzo comune - ancora, da evidenziare, il contestatissimo richiamo alle armi di Macron - contro il nemico russo.

Le prime analisi – e all’ora in cui scriviamo i numeri sono ancora precari – suggeriscono che nel nuovo Parlamento europeo avremo ancora una coalizione pro Ue, soprattutto grazie alla tenuta dei Popolari. Ma il segnale che arriva non potrà essere ignorato e sarà destinato ad avere un peso, già nelle prossime settimane. E allora potremmo sintetizzare così, senza paura di azzardare nella semplificazione: con l’elezione di Meloni, nel 2022, l’Italia aveva anticipato di due anni, e in apparente solitudine, lo scenario che da questa mattina colora l’Unione. All’epoca, si diceva, eravamo soli. Ci risvegliamo in buona compagnia. Dunque non sorprende se il voto di casa nostra si è trasformato in un test ampiamente superato per il governo in carica, a differenza per l’appunto di quanto accaduto in Francia, ma anche nella Germania di Scholz e nella Spagna di Sanchez: una Caporetto del potere costituito, almeno di quello non targato a destra. Da sottolineare il risultato di Forza Italia, che nella notte supera la Lega di Salvini vincendo un testa a testa per il secondo posto fra i partiti di governo che va comunque nella direzione di un rafforzamento della coalizione stessa. Si è detto, non senza polemiche e mal di pancia da parte di chi si è sentito escluso: è stata una campagna elettorale polarizzata tra Meloni e Schlein. Vero. E gli effetti si sono visti. A sinistra, soprattutto, dove potremmo parafrasare una scritta in voga sulle autostrade qualche decennio fa: il Pd c’è. La contrastata strategia della segretaria alla fine fa crescere sensibilmente il suo bizzoso partito sia rispetto alle ultime europee sia rispetto alle politiche. Ma con la gamba dei 5 Stelle che perde presa sul terreno dei progressisti – crollando soprattutto nel fortino del Sud – da ora in poi sarà ancora più complicato arare campi larghi in vista delle prossime sfide elettorali di casa nostra.

Del resto, lo abbiamo detto: anche fuori dai patri confini le sinistre arrancano, e dunque l’Europa che verrà si ridefinisce su nuove geografie del potere, spostando sempre più il baricentro verso partiti fino a cinque anni fa praticamente irrilevanti. Impressionano per portata e potenza gli exploit di Rassemblement National in Francia, AfD in Germania, Fpo in Austria, Vox in Spagna. Ma se l’Europa stamani si risveglia a destra, non può ancora dirsi di destra. Numeri alla mano, i Popolari restano la prima forza nel parlamento europeo, seguiti dai Socialisti. Dunque cosa accadrà? Quali alleanze si profilano? Coi dati a nostra disposizione finora, a notte inoltrata, l’attuale maggioranza Ursula regge numericamente, ma difficilmente potrà andare a riconfermarsi politicamente, con i suoi rassicuranti compromessi e le sue evidenti debolezze, la stessa maggioranza che in questi anni difficili e talvolta tragici ci ha traghettato non senza incertezze attraverso la pandemia e l’invasione russa, lasciando ai margini quelle battaglie etiche – dai diritti al Green Deal – che non hanno trovato posto sufficiente tra le pressanti emergenze internazionali. Il quinquennio che verrà segnerà tra incognite e sfide epocali – prima fra tutte: il ritorno di una guerra guerreggiata su suolo europeo – il destino di questi anni ’20 del terzo millennio. La nuova maggioranza che andrà comporsi sarà costretta a decidere verso chi allargarsi, e le scelte possibili sono due, a questo punto: i Verdi da una parte, i Conservatori dall’altra. In base a chi la spunterà, si andrà a delineare una certa visione di Europa, che non potrà non fare i conti con la domanda delle domande: quale posizione tenere rispetto al conflitto in Ucraina? E con quali conseguenze? La Storia siamo noi. Questa classe politica ne sarà all’altezza?

Chiudo queste riflessioni a caldo sul voto con un’annotazione tanto amara quanto ineluttabile: l’affluenza alle urne, nel nostro Paese, è stata tra le ultime in Europa, migliore solo alla Grecia. Così l’Italia si riconferma incarnazione di quella particolare tipologia di umanità a cui certo non piace perdere, ma ancor meno piace partecipare. È il vecchio adagio dei senza coraggio, di chi da oggi potrà serenamente ricominciare a lagnarsi di tutto, della pioggia e del governo-ladro, dell’Europa matrigna e della guerra, con la serena ineffabile leggerezza degli eterni incoscienti.