Un pacchetto da un milione di voti. All’inizio dell’anno provarono a pesare un eventuale intervento pubblico di Taylor Swift sulle elezioni americane: la cantante era diventata da poco (secondo il Time) il personaggio più influente del mondo (284 milioni di follower su Instagram).
Era gennaio e il candidato democratico era ancora Joe Biden. Poi, nel frattempo, sono cambiate le carte in tavola. E in questo frattempo hanno cercato in tutte le maniere, sia dall’una sia dall’altra parte, di accaparrarsi il sostegno di Taylor Swift. L’hanno tirata così tanto per la giacca che a un certo punto sembrava potesse guidare (con Michelle Obama e Oprah Winfrey) il post Biden per individuare un candidato alternativo. Fantapolitica. Ha continuato a fare la cantante. E i sostenitori di Trump invece, in maniera sguaiata e scomodando la tecnica del deep fake, hanno costruito una finta Taylor che faceva l’endorsement per il candidato repubblicano. L’endorsement è arrivato nel giorno del primo dibattito tv tra Trump e Harris, ma per Kamala.
Quanto vale, ora, questo endorsement per la corsa di Harris, subentrata a Biden? Moltissimo, probabilmente molto più che se l’avesse fatto prima per Biden, perché Swift ha anche ribadito l’appello ai giovani di registrarsi e di andare a votare, così come ha parlato di Lgbtq e aborto.
Le fondamenta con cui Harris sta costruendo la sua corsa verso la Casa Bianca. L’effetto traino sembra scontato. Ma c’è il rischio anche di un eventuale effetto boomerang, su cui proverà a far leva Trump che ha iniziato ad attaccare e ostracizzare la cantante e sfrutterà gli argomenti a lui cari: élite, radical chic e distanza dal paese reale. Ma se l’appello di Swift alla mobilitazione (come succede per i suoi concerti) dovesse fare minimamente breccia, in un Paese di partenza polarizzato non sposterà magari tanti voti, ma ne porterà sicuramente di nuovi. Ed è quello che Trump teme di più.