Lunedì 10 Febbraio 2025
Agnese Pini
Editoriale e Commento

Europa, nonostante tutto. L’Unione resti unita contro i nuovi conflitti

La Ue e la sua visionaria idea di unità non sono mai state tanto sgradite quanto oggi, e non hanno mai avuto tanti nemici quanti ne hanno oggi. Ma distruggere tutto in nome dei dichiarati interessi di pochi sarebbe miope, sfilarsi dall’unità fragile che ci regge insieme sarebbe pericoloso

La sede a L’Aja, nei Paesi Bassi, della Corte penale internazionale

La sede a L’Aja, nei Paesi Bassi, della Corte penale internazionale

Sarà pure fragile e inadeguata, la vecchia Europa. Sarà pure, tavolta, matrigna, iper burocratizzata, poco trasparente. Sarà passata di moda – come dice Musk, che vuole farla “great again” – con la sua novecentesca idea di stabilità e cooperazione: “La cooperazione per superare i conflitti”, massima del Novecento post bellico, gli otto decenni che abbiamo ereditato, e che tutto sommato non ci sono andati così male se hanno fatto di un’Italia fino al ‘45 arretrata, una super potenza economica, una democrazia stabile, una nazione che, uscita devastata da uno scellerato conflitto, è poi risorta solida, e in pace, fino a noi. 

Sta di fatto che l’Europa e la sua visionaria idea di unità non sono mai state tanto sgradite quanto oggi, e non hanno mai avuto tanti nemici quanti ne hanno oggi. Stretta a Est dall’imperialismo militare di Putin - che colpisce l’Ucraina per colpire anche la tenuta energetica e psicologica di Bruxelles - e adesso pure a Ovest, dall’aggressività economica degli Usa trumpiani, che minacciano dazi e ritorsioni contro il mercato comune, la moneta comune, e soprattutto contro quella nostra idea per cui andando insieme, tutti e 27 i Paesi, ne usciremo più forti.

L’idea dei padri fondatori, l’idea che sembrava avesse trovato nuova linfa negli anni terribili della pandemia. E che adesso pare invece più che mai vacillare, non tanto sotto le spinte dei nuovi nazionalismi, quanto contro le sopraccitate pressioni di super potenze che puntano alla nostra disgregazione per interessi e obiettivi che altrimenti non potrebbero raggiungere. L’Europa unita, oggi, ha paura, ma fa anche altrettanta paura, e vale la pena ricordarne i motivi, perfino a noi stessi che ogni tanto sembriamo dimenticarcene. Fa paura, perché ha una popolazione superiore a quella degli Usa per oltre 100 milioni di abitanti, e tre volte maggiore di quella russa. Perché occupa uno spazio di mercato che fa gola a troppi concorrenti. Perché ha una rete di relazioni internazionali che possono essere determinanti nello scrivere le regole del commercio mondiale, soprattutto sulla partita strategica delle materie prime. Perché è in grado di imporre vincoli alle nuove spinte imperialiste della rivoluzione digitale. Perché è l’unico spazio al mondo che riesce a far convivere la democrazia liberale, il mercato e il welfare, come ha ricordato il nostro presidente Sergio Mattarella, il 5 febbraio a Marsiglia. Fa paura perché è un argine, anche valoriale, allo smantellamento di quel sistema di organismi sovranazionali che ha sorretto le fondamenta del nostro secolo: Onu, Oms, e adesso anche la Corte Penale Internazionale. Non dobbiamo dimenticare che, senza alternative plausibili, incardinano gli ideali di fondo a cui, semplicemente, non possiamo permetterci di rinunciare, dopo averli così a lungo sudati e così duramente conquistati, talvolta a un prezzo di sangue altissimo: giustizia, eguaglianza, libertà.

Distruggere tutto in nome dei dichiarati interessi di pochi sarebbe miope, sfilarsi dall’unità fragile che ci regge insieme sarebbe pericoloso. Per questo ha fatto bene von der Leyen, venerdì, a ribadire la necessità di difendere la Corte dell’Aja dalle spallate trumpiane - "sia libera di lottare contro l’impunità" - e per questo l’Italia deve trovare la forza e il coraggio di non disallinearsi dall’unica terra comune che abbiamo, per dirla con De Gasperi: "La nostra patria Europa". Nonostante tutto. È bene allora ricordarci, in tempi tanto difficili, le parole di Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi: "Oggi si cercano e si incontrano, cominciando a tessere la trama del futuro, coloro che hanno scorto i motivi dell’attuale crisi della civiltà europea. La via da percorrere non è facile né sicura, ma deve essere percorsa e lo sarà". Era il Manifesto di Ventotene, era il 1941.