
La sparatoria a Cascina Spiotta. L’ex brigatista Azzolini: io c’ero: "E Mara Cagol si era arresa"
Perdonano gli uomini, quelli che proprio si sentono di farlo, e non la Storia, e non possono che suscitare poca emozione quindi le dichiarazioni rese ieri in un’aula di tribunale dall’ex brigatista Lauro Azzolini, un signore con alle spalle quattro ergastoli e molte lacrime di innocenti. C’è stata infatti una cosa forse peggiore dei morti di cui i brigatisti hanno disseminato l’Italia, ed è stato il tentativo da parte di molti di loro di imporre ex post una lettura giustificazionista delle loro gesta. Come dire, abbiamo fatto quel che abbiamo fatto perché avevamo un motivo. Ed è qui che la Storia non può perdonare, o anche solo farsi prendere in giro. Rivelando “volevamo fare la rivoluzione”, come fosse un Che Guevara dell’Appennino reggiano, Azzolini ammanta un intento eroico che non ci fu (perché non basta mettere a rischio la propria vita per essere un eroe), dicendo che “quelle due persone (la terrorista Cagol e il carabiniere, ndr) non dovevano morire” compie un accostamento inaccettabile tra un uomo che serviva lo Stato e una che si era messa in guerra con lo Stato accettando i rischi del caso. Non è infatti la Storia che ha sconfitto i brigatisti ma la Cronaca, nel senso che già in quegli anni essi apparvero fuori dal presente, nel tentativo di inseguire una rivoluzione che non ci poteva essere semplicemente perché non c’era un popolo disposto a seguirli. Le forze di sinistra cui loro si richiamavano avevano scelto la lotta democratica e operai e lavoratori erano ben rappresentati a tutti i livelli, sia nelle fabbriche sia nelle istituzioni. La violenza è la levatrice della Storia, diceva Marx, e tante volte lo è stata e a volte obiettivamente anche in bene, ma sempre perché poteva contare su un sentimento diffuso cui le famose avanguardie davano voce. I brigatisti furono invece voci fuori tempo allora, tragicamente fuori tempo, e figuriamoci come possono apparire adesso. La Storia non li può perdonare, può solo relegarli all’oblio che meritano.