Sabato 4 Gennaio 2025
RAFFAELE MARMO
Editoriale e Commento

Le parole di Mattarella: speranza e contraddizioni. “Ora tocca a noi agire”

Nel discorso di fine anno del presidente tutte le luci e le ombre del Paese. Violenza sulle donne, disuguaglianze, morti sul lavoro, ma anche tanta forza

Roma, 1 gennaio 2025 – La speranza e la responsabilità individuale e collettiva come criteri guida dell’agire di tutti e di ciascuno. Perché “tocca a noi tradurre la speranza in realtà. La speranza siamo noi, il nostro impegno, e non può tradursi soltanto in attesa inoperosa”. È, in fondo, in questo sprone e in questo avviso ai naviganti lo spirito civile, più che politico, del decimo discorso di fine anno del presidente della Repubblica. Un intervento che Sergio Mattarella rivolge ai cittadini, in piedi dalla sala del Lucernaio al Quirinale, l’albero di Natale sullo sfondo addobbato con gli articoli della Costituzione: tutti gesti e simboli di uno stile sobrio e impegnativo a un tempo che il Capo dello Stato non manca di tenere fermo in tutte le sue manifestazioni pubbliche.

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Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione del discorso di fine anno agli italiani dal palazzo del Quirinale a Roma, 31 dicembre 2024

Le questioni che il presidente affronta riguardano le luci e le ombre di un Paese e, più in generale, di un mondo drammaticamente inquieto: a cominciare dalla dimensione della guerra “vicina” tra Russia e Ucraina e di quella, altrettanto prossima, in Medio Oriente. Parla di “barbarie” e parla di “pace che mai come adesso grida la sua urgenza”. Una pace che, però, “non significa sottomettersi alla prepotenza di chi aggredisce gli altri Paesi con le armi, ma la pace del rispetto dei diritti umani, la pace del diritto di ogni popolo alla libertà e alla dignità”.

Le tragedie globali, dunque, ma anche il dramma di Cecilia Sala, che diventa il simbolo per segnalare “ancora una volta il valore della libera informazione”. E non è un caso che Mattarella colga l’occasione per sottolineare come “tanti giornalisti rischiano la vita per documentare quel che accade nelle sciagurate guerre ai confini dell’Europa” e che “spesso pagano a caro prezzo il servizio che rendono alla comunità”. Quella della guerra e dell’informazione a rischio è, d’altra parte, solo una delle contraddizioni che il Presidente indica come fonte di “smarrimento, sgomento, talvolta senso di impotenza”. Solo una di quelle “faglie profonde che attraversano le nostre società”.

La lettura delle contraddizioni proposta dal presidente si fa così impietosa. Ci sono la “ricchezza di pochissimi mentre si espande la povertà di tanti”, e la spesa in armamenti cresciuta esponenzialmente rispetto a quella per contrastare il cambiamento climatico. Ma “luci e ombre” riguardano anche la “nostra Italia”: i progressi della scienza e della medicina e le lunghe liste d’attesa, i dati incoraggianti dell’occupazione e, però, la precarietà, i salari bassi, la denatalità, l’attrazione per i prodotti del Made in Italy e la fuga dei giovani talenti o lo spopolamento delle aree interne. Né è da sottovalutare l’allarme per il bullismo, la violenza giovanile, l’uso di alcool e droghe, fenomeni spesso alimentati dal web. Come non lo sono – tutt’altro – quelli per i femminicidi (e non a caso tra i pochi esempi citati c’è Giulia Cecchettin) o per le vittime sul lavoro o per i suicidi in carcere.

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“Si intrecciano, quindi, straordinarie potenzialità e punti di debolezza da risolvere”, puntualizza Mattarella. Ma poiché la sua non è la disamina del “male” del mondo o dell’Italia, il Presidente indica anche le risorse alle quali attingere per dare senso alla speranza comune. Serve il “rispetto verso gli altri che rappresenta il primo passo per una società più accogliente, più rassicurante, più capace di umanità”. E servono il dialogo, la collaborazione, la solidarietà. Come servono gli esempi: “come quelli di chi ha saputo trasformare il suo dolore, causato da un evento della vita, in una missione per gli altri” o come “le parole di Sammy Basso che insegnano a vivere una vita piena, oltre ogni difficoltà”.

Rispetto, dunque, ma anche sentimento di Patria come chiave della speranza: e anche in questo caso torna il valore degli esempi, come il patriottismo dei medici dei pronto soccorso, dei “nostri” insegnanti, di chi fa impresa “con responsabilità sociale e attenzione alla sicurezza”. Alla base di tutto, però, c’è quel “tocca a noi” che rinvia alla responsabilità di ciascuno e che si collega idealmente all’etica dello “sta in noi” di due cultori della religione civile del dovere individuale come Carlo Azeglio Ciampi e Domenico Menichella.