Tra i tanti aspetti sorprendenti dell’affaire Sangiuliano-Boccia ce n’è uno, più di tutti gli altri, che merita la nostra attenzione. Non riguarda il profilo giudiziario, tutto da dimostrare e finora indimostrato, né quello politico, pur rilevante. Non contempla nemmeno il piano etico, per quanto tutt’altro che trascurabile: e adesso come si esce dall’imbarazzo in cui il ministro - e con lui il ministero che rappresenta e perfino il governo di cui fa parte - è precipitato nel giro di una settimana di fine estate?
La vera cifra di novità non sta nella vicenda in sé, ma nel modo, anzi nel metodo, con cui si sta dipanando: una sola donna – teoricamente l’anello più debole del sistema – che tiene in pugno tutti. Presidente del consiglio, governo, mezzi di informazione sintonizzati h24 sulle sue storie social, e ovviamente lui, il protagonista maschile di un’ubriacatura d’amore iniziata male, finita peggio: il ministro della Cultura, costretto ieri sera - in verità con ragguardevole ritardo - a fare chiarezza in un’intervista di lacrime e mea culpa sul Tg1. Un’umiliazione pubblica che non può non colpire sul piano umano, ma che lascia inevitabilmente perplessi circa l’intera gestione politica.
Maria Rosaria Boccia – senza altri mezzi a disposizione, senza aiuti e, a quel che ne sappiamo oggi, senza regie esterne – riesce a ottenere tutto questo armata solo di un account Instagram. Non era mai accaduto, prima. In fondo, diciamocelo, il feuilleton su potere, amore, promesse, ripensamenti e smentite è vecchio come è vecchio il mondo. E, presa nella sua miseria piccola piccola – l’amante bionda, la moglie tradita e poi arrabbiata, il caffè pagato o non pagato coi soldi pubblici - la storia Sangiuliano-Boccia non fa che replicare ben noti cliché: pruriginosi, equivoci o maldestri quanto si vuole. Ma certo umanissimi e incapaci di stupire.
Qui, a stupire, è la spregiudicatezza con cui Boccia si prende la scena. Post, foto, video, storie: l’imprenditrice di Pompei non ha bisogno di intermediari, non cede alle pressioni della stampa e, immaginiamo, alle tante altre che in questi giorni la stringono d’assedio.
Fino a oggi mai un’intervista, mai una parola sfuggita a un microfono, a una penna, a una tastiera che non fosse quella del suo stesso smartphone. Boccia stravolge il paradigma della comunicazione e alla fine detta, spavaldamente e pericolosamente, le regole del gioco. Condizionando, nell’ordine: il destino di un ministro, l’intervista di una premier in diretta tv – in cui aveva difeso lo stesso ministro –, l’intero circo mediatico nazionale.
È, questo, il segno più evidente dei tempi che viviamo: la rivoluzione dei social network che, usati con cinismo e freddezza, tengono in scacco mezzo Paese. Ve lo immaginate se le olgettine fossero state dotate di un account Instagram?