Giovedì 21 Novembre 2024
MADDALENA DE FRANCHIS
Economia

Volano i prezzi dell'olio d'oliva: colpa di cattivi raccolti e inflazione

L’allarme lanciato dalla Coldiretti. Il crollo della produzione a livello internazionale ha determinato un’impennata dei prezzi pari a +42% rispetto al 2022

Olio, poco raccolto e a peso d’oro. Prezzi quasi al raddoppio in un anno

Olio, poco raccolto e a peso d’oro. Prezzi quasi al raddoppio in un anno

Roma, 22 ottobre 2023 – A lanciare l’allarme per prima è stata Coldiretti, con la pubblicazione, qualche giorno fa, del rapporto intitolato ‘Prezzi, l'autunno caldo dell'extravergine’, elaborato sui dati Istat di settembre. Secondo l’indagine, il crollo della produzione di olio extravergine d’oliva a livello internazionale ha determinato un’impennata dei prezzi pari a +42% rispetto al 2022: un incremento tale da fargli guadagnare il primo gradino del podio tra i prodotti che hanno fatto registrare i maggiori rincari nel carrello della spesa. Le ragioni dei rincari: inflazione e poca materia prima Sull'aumento delle quotazioni – e, di conseguenza, dei prezzi al consumo - pesano i risultati della scarsa raccolta all'estero, in particolare nella penisola iberica, che è oggi il primo produttore ed esportatore mondiale di olio d’oliva. La produzione spagnola, infatti, è calata di oltre il 50% a causa della peggiore siccità mai registrata, una criticità che sta intaccando anche le prospettive di raccolta per la campagna entrante. Anche Marocco e Tunisia hanno sofferto cali tra il 25 e il 40%, al punto che i prezzi all’ingrosso hanno raggiunto livelli mai toccati prima. Così, sui prezzi dell'olio d'oliva al dettaglio galoppa l'inflazione, con rialzi medi del 50%, anche sugli scaffali dei supermercati. La dipendenza dalle importazioni Il rapporto Coldiretti conferma che, oggi, sono straniere 3 bottiglie su 4 consumate in Italia, mentre le importazioni italiane di olio d'oliva dall'estero hanno segnato il record, con un valore di oltre 2,2 miliardi di euro nel 2022 e un incremento di quasi il 20% nei primi sei mesi del 2023. Ciò malgrado l’Italia sia ancora uno dei principali Paesi produttori di olio d’oliva nel mondo, collocandosi al terzo posto (dati Ismea) dopo Spagna e Grecia. La produzione in Italia La produzione italiana media è stimata attorno alle 320mila tonnellate (dati Assitol – Associazione italiana dell’industria olearia), ma il fabbisogno complessivo annuale ammonta a 1 milione di tonnellate: 600mila tonnellate sono destinate al consumo nazionale, 400mila all’export. Il settore olivicolo italiano è caratterizzato da una netta prevalenza di aziende agricole di piccole dimensioni (1,6 ettari in media) e conta oltre 500 cultivar, segno di un ricco patrimonio di sapori e proprietà per un condimento che è tuttora alla base della dieta mediterranea. La produzione europea e mondiale: calo da record nell’ultima campagna Quanto alla produzione mondiale ed europea, secondo le rilevazioni del Civil dialogue group, il gruppo di esperti della direzione Agricoltura in Commissione europea, ripresi da Assitol, l’ultima campagna olearia (quella relativa al periodo 2022-23) ha registrato un calo globale notevole, pari al -26%, per un ammontare complessivo di 2.505.000 tonnellate di olio d’oliva. In particolare, l’Europa olearia ha perso il 39% dei propri quantitativi, confermando la parabola discendente degli ultimi cinque anni, con la costante riduzione di olio d’oliva prodotto entro i confini dell’Ue (-35%). Ciò spiega i forti timori dell’intera filiera europea: una buona campagna 2023-24 potrebbe non bastare a recuperare il cattivo andamento di quella della scorsa annata. Previsioni per la prossima campagna in Italia: male il Nord, recuperano Puglia e Calabria Per quanto riguarda la campagna entrante (periodo 2023/2024), la buona notizia è che le stime produttive elaborate da Ismea indicano un’inaspettata ripresa del 20%, nonostante un'annata difficile, condizionata dalla siccità invernale, cui sono seguite le abbondanti piogge primaverili, che hanno provocato, in molte aree, caduta precoce dei fiori e difficoltà nello sviluppo dei frutti. I primi dati, infatti, si attestano sulle 290mila tonnellate: la spinta a una maggiore offerta è venuta dal Sud (+34%), grazie alle buone performance attese per Puglia e Calabria, che rappresentano rispettivamente il 50% e il 13% della produzione nazionale. Le due regioni dovrebbero tornare sulle medie dell'ultimo quadriennio, pur restando ben al di sotto del loro potenziale. Tale crescita ha compensato i forti cali del Centro-Nord, stimabili in oltre il 30% rispetto al 2022-23.