Roma, 5 febbraio 2024 – La morte di Vittorio Emanuele di Savoia, annunciata sabato mattina dalla Real Casa, ha già spalancato le porte a dubbi e congetture sull’entità della sua eredità. A quanto ammonterebbe e da cosa sarebbe costituito il patrimonio di un casato che vanta ormai mille anni di storia, essendo annoverato fra le dinastie più antiche d’Europa? Sicuramente dell’eredità non fanno più parte né il trono del Regno d’Italia – cancellato dopo il referendum del 1946, che sancì la fine della monarchia e la nascita della Repubblica – né le residenze reali in Italia, da Venaria Reale al castello di Racconigi, ora in mano allo Stato italiano. Tutto qui, dunque? No, perché il tesoro dei Savoia comprenderebbe altri beni di indubbio valore, che ora spetterebbero al figlio Emanuele Filiberto, il quale peraltro ha già dichiarato di ‘sentire il peso di guidare il Casato’.
Gli immobili
Tra gli immobili ‘superstiti’ ci sarebbero innanzitutto uno chalet di montagna, a Gstaad in Svizzera, e la villa all’isola di Cavallo, nel mar Tirreno, destinazione ricercata del turismo vip e sfondo del controverso delitto di Dirk Hamer, di cui fu accusato, appunto, Vittorio Emanuele, poi dichiarato innocente alla Corte d'Assise di Parigi nel 1991. Entrambe le proprietà erano state acquistate o fatte costruire da Vittorio Emanuele con i profitti delle sue mediazioni commerciali, portate avanti negli anni grazie alle amicizie con esponenti di altre casate reali o di famiglie nobili.
Le collezioni private: conchiglie rare e non solo
Appassionato sub, Vittorio Emanuele amava immergersi proprio nelle acque intorno all’isola di Cavallo e si dedicò per anni al recupero di conchiglie rare dai fondali marini, dai quali, tuttavia, prelevava anche altri piccoli tesori, fra cui gioielli e monili che indossava come amuleti portafortuna.
I gioielli venduti e lo ‘scrigno’ segreto
Sebbene alcuni gioielli fossero stati già venduti a Londra, nel 2007, dalla sorella di Vittorio Emanuele, Maria Gabriella, oggi Emanuele Filiberto potrebbe ereditare quelli ancora custoditi dalla famiglia, come il collare d’oro dell’Ordine dell’Annunziata (di cui si è tornato a parlare nei giorni scorsi, in occasione della messa in onda della fiction Rai dedicata alla figura del gerarca fascista Dino Grandi, insignito del collare poco prima della caduta del regime, nel 1943) e il diadema indossato, nel giorno delle nozze, da Marina di Savoia. Rimane, infine, il mistero dello scrigno perquisito dallo Stato italiano e custodito in Bankitalia: conterrebbe, fra l’altro, quasi 7mila brillanti e 2mila perle, oltre a bracciali, un chocker e una catena con nappe. Una parziale valutazione fu effettuata dalla maison Bulgari negli anni Settanta e si attestava intorno ai 2 miliardi di lire: oggi equivarrebbero a ben 18 milioni di euro. Secondo gli avvocati di Casa Savoia, non si tratterebbe di gioielli ‘istituzionali’, ma di acquisti privati della famiglia: in quest’ultimo caso, Emanuele Filiberto, che ne ha più volte chiesto notizie, potrebbe pretendere di riceverli assieme al resto dell’eredità.