Mercoledì 25 Dicembre 2024
Cladia Marin
Economia

Svantaggio economico delle donne e violenza di genere: i numeri dello squilibrio

L’impossibilità di allontanarsi dalla casa/luogo di violenza dipende anche dalla totale mancanza di mezzi economici

'Scarpette Rosse in Ceramica' contro la violenza sulle donne (Ansa)

Roma, 23 novembre 2023 – Il tasso di occupazione femminile è così lontano dalla media europea, e così basso, che quasi la metà delle donne è esclusa dall’indipendenza economica. E’ solo uno dei dati, tratto dal Rapporto sul Benessere equo e sostenibile (Bes/Istat), riferito all’anno 2022, che indica come vi sia uno svantaggio economico netto per la popolazione femminile rispetto a quella maschile che sta, anch’esso, alla base delle molteplici forme della violenza di genere. Nel 2022 erano circa 6.773.000 le donne che non lavoravano, comprese in un range di età tra i 25 e i 64 anni, pari al 42,7% del totale della popolazione femminile residente in Italia. E, del resto, dalla ricerca svolta dall’Ufficio Studi dei Consulenti del Lavoro, “Favorire l’inclusione occupazionale per contrastare la violenza sulle donne”, emerge che delle 15.559 donne che nel 2020 hanno iniziato un percorso personalizzato di uscita dalla violenza, solo il 35,5% era occupato stabilmente, mentre il 48,7% risultava non autonomo dal punto di vista economico. Dunque, come si sottolinea nel Protocollo d’Intesa siglato tra il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro e la Fondazione Doppia Difesa Onlus, l’obiettivo di informare, individuare, formare, collocare e/o ricollocare le donne vittime di violenza per dare loro opportunità lavorative, è un argine contro gli abusi: l’indipendenza economica può infatti consentire alle donne di non ritrovarsi “ostaggio” di mariti e compagni e/o di sottrarsi con meno fatica alle situazioni di violenza. Ogni forma di violenza sulle donne, inclusa quella domestica, rappresenta una grave violazione dei diritti umani: libertà, dignità, integrità fisica e psichica. Secondo i dati Istat, nel 2022 in quasi il 90% dei casi l’autore della violenza è stato un soggetto con cui la vittima aveva, o aveva avuto, una relazione sentimentale o al quale era legata da uno stretto rapporto di parentela. Nel 55% dei casi gli autori sono stati mariti, conviventi o attuali partner. Le donne vittime di violenza vivono nella paura, dominate da un senso di impotenza: la loro vita è a rischio proprio dove dovrebbero sentirsi al sicuro, in casa, quella casa dalla quale troppo spesso non riescono ad allontanarsi perché – soprattutto se non sono inserite nel mondo del lavoro – non riescono a immaginare un futuro diverso per sé stesse e per i loro figli. C’è infatti una costante, nei casi di violenza: molte donne picchiate, vessate, minacciate non hanno materialmente i mezzi per vivere fuori dalle mura domestiche. Si tratta di donne che spesso hanno dedicato gli anni migliori all’accudimento di figli e mariti/compagni e alla cura della casa, oppure di donne anche molto giovani che per svariate ragioni non hanno avuto opportunità di formazione e lavoro. L’impossibilità di allontanarsi da quella casa/luogo di violenza dipende anche dalla totale mancanza di mezzi economici. “Troppe volte ci siamo sentite dire dalle donne vittime di violenza: “E se vado via di casa come faccio a mantenermi e a provvedere ai miei figli?” ha ricordato il Presidente di Fondazione Doppia Difesa Onlus, Michelle Hunziker, insistendo sul punto: “L’indipendenza economica è sempre il primo passo verso la libertà, altrimenti il rischio è di mettere la propria vita nelle mani di qualcun altro e di non riuscire più a riprendersela. Siamo felici di questa Intesa che speriamo possa dare un aiuto concreto a tante donne”. Un aiuto per favorire l’inclusione lavorativa delle vittime di violenza può giungere senz’altro anche dallo strumento che entrerà in vigore dal 1° gennaio 2024: l’Assegno di Inclusione. Un sostegno economico che sarà erogato mensilmente per un periodo di 18 mesi, con possibilità di essere rinnovato per ulteriori 12 mesi. Tra i destinatari dell’Assegno ci sono, infatti, i nuclei familiari che abbiano almeno un componente in condizione di svantaggio e inserito in percorsi di protezione relativi alla violenza di genere, con presa in carico da parte di centri antiviolenza riconosciuti dalle regioni o dai servizi sociali. La vittima costituisce un nucleo familiare a parte, anche ai fini ISEE, e questo le consente di accedere in modo autonomo alla misura e di essere più tutelata. Il Decreto Lavoro prevede, tra l’altro, che le persone inserite nei suddetti percorsi di protezione relativi alla violenza di genere vengano sollevate dall’obbligo di partecipazione ai percorsi personalizzati di inclusione sociale o lavorativa, nonché dalla relativa necessità di accettare le proposte di lavoro eventualmente offerte. Tale ultima previsione, dunque, rappresenta un primo passo verso la rimozione degli ostacoli all’accesso a misure di sostegno che potrebbero favorire il percorso di autonomia delle donne vittime di violenza. Con la firma di questo Protocollo di Intesa, le Parti aggiungono un altro tassello nella lotta alla violenza di genere. Secondo i propri ruoli e le proprie competenze e responsabilità collaboreranno per attivare in sinergia azioni e strategie che diano alle donne vittime di violenza opportunità formative e lavorative, facendo emergere bisogni da fronteggiare con percorsi adeguati. “Una maggior inclusione delle donne nel mondo del lavoro costituisce il presupposto fondante per dar vita a un sistema sociale realmente giusto ed equo,” ha dichiarato il presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, Rosario De Luca. “Come Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, insieme a Doppia Difesa, ci spenderemo per la realizzazione di progetti di politiche attive diretti all’occupabilità delle donne vittime di violenza”.