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Andrea Orcel, 61 anni, è amministratore delegato UniCredit dal gennaio 2021
Sale ancora la tensione sul fronte delle banche. Ad infiammare le polemiche, questa volta, sono le nuove condizioni dell’offerta Bpm su Anima. Un cambiamento che potrebbe anche spingere Unicredit a rinunciare, a sua volta, all’Ops su Piazza Meda. Uno scambio di accuse che ha spinto il presidente della Banca, Giuseppe Castagna, a minacciare le vie legali ed ha avanzato il sospetto di mosse studiate a tavolino per "influenzare" gli azionisti. È presto per sapere come andrà a finire. Tutto è rimandato all’assemblea del Banco in programma per il 28 febbraio che dovrà decidere se aumentare da 6,2 a 7 l’offerta dell’Opa sulla Sgr. Ma all’ordine del giorno c’è anche la possibilità di "rinunciare in tutto o in parte a una o più delle condizioni di efficacia dell’offerta non ancora soddisfatte".
Le due parole chiave sotto i riflettori sono "Danish compromise", ovvero lo sconto sull’uso del capitale. Per Unicredit, infatti, "le nuove potenziali condizioni dell’Opa potrebbero potenzialmente risultati incoerenti con quanto annunciato al momento della presentazione al mercato", a novembre scorso. Il proxy advisor Iss non ritiene che il rialzo del prezzo dell’Opa su Anima da parte di Banco Bpm possa ostacolare un rilancio da parte di Unicredit sulla banca guidata da Giuseppe Castagna e consiglia quindi ai soci del Banco di votare a favore della modifica dei termini dell’offerta per la società di gestione del risparmio.
Inoltre, Unicredit, punta il dito piuttosto sull’eventuale non applicabilità del Danish Compromise che "potrebbe determinare la risoluzione o l’inefficacia" della stessa ops sul Banco da parte di Piazza Gae Aulenti che fin dall’inizio ha sottolineato, anche nel caso dell’investimento in Commerzbank, che ogni operazione per andare avanti deve avere le condizioni giuste. Inoltre, il gruppo guidato da Orcel, nell’esaminare la relazione predisposta da Bpm per l’assemblea, si sofferma sul fatto che, "in caso di adesioni" all’offerta su Anima "per il 100% e di non applicazione del Danish Compromise, il coefficiente patrimoniale Cet1 di Piazza Meda "diminuirebbe di circa 268 punti base" che si aggiungerebbe "all’onere finanziario" dovuto "all’incremento del prezzo".
Non è chiaro, continua Unicredit, quali siano le azioni di mitigazione ipotizzate al fine di mantenere il ratio Cet1 di Bpm più alto del 13% nel corso del piano, indipendentemente dal trattamento regolamentare dell’acquisizione di Anima, mantenendo, in termini di dividendi, "un ratio di pay-out sulla distribuzioni pari all’80% dell’utile netto". La replica del ceo di Banco Bpm non si fa attendere: "Abbiamo mostrato, che la nostra banca è in una posizione molto solida e forte, non solo in capitale, ma anche in profittabilità", spiega Castagna, derubricando come una "fake news" il fatto che "non vogliamo ricorrere al Danish compromise".