Lunedì 25 Novembre 2024
FRANCESCO CIAMPI*
Economia

Unicredit e il risiko del credito, Banco Bpm lancia l’allarme esuberi. L’economista: “L’offerta andrebbe alzata”

Il ceo Castagna ai dipendenti: rischi di ricadute occupazionali. Patuelli (Abi): “Decidono mercato e vigilanza”. Il professore Ciampi: occorre riportare l’attenzione sulle logiche industriali, no alle strumentalizzazioni

Il ceo di Banco Bpm lancia l’allarme sulle ricadute occupazionali di una fusione con Unicredit. Dopo il no secco del cda all’offerta pubblica di scambio, Giuseppe Castagna rincara la dose. In una lettera ai dipendenti l’ad sottolinea la "forte preoccupazione” per le sinergie di costo stimate dal gruppo guidato da Andrea Orcel, “pari a oltre un terzo della base costi” di Piazza Meda, e che si tradurrebbero in “oltre 6.000” uscite. Sull’operazione non si esprime, invece, il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli: “Non partecipiamo a dibattiti che sarebbero scomposti e fuori luogo. Il mercato non lo si giudica, lo si analizza. Io leggo, studio e taccio”.

Da quando lunedì scorso la seconda banca italiana ha comunicato la propria offerta pubblica di scambio sulle azioni di Banco Bpm si è scatenata una rincorsa alle spiegazioni nascoste, alle conseguenze politiche, alle dinamiche di palazzo che tale offerta avrebbe generato. Quella annunciata è una offerta, chiara e trasparente, finalizzata a una acquisizione aziendale che, come tale, deve essere valutata analizzando la solidità delle ragioni finanziarie e industriali che ne stanno alla base, senza farsi condizionare da argomentazioni strumentali e, quindi, estranee alle logiche di mercato.

La sede del Banco Bpm
La sede del Banco Bpm

Unicredit è una banca in salute. Nel terzo trimestre del 2024, per il quindicesimo trimestre consecutivo, ha visto crescere la propria redditività. L’utile previsto per il 2024 è pari a 9 miliardi di euro e il valore di Borsa della banca negli ultimi 2 anni è quasi triplicato. Grazie a questi risultati l’istituto dispone oggi della forza finanziaria necessaria per realizzare una operazione di aggregazione come quella annunciata.

Il deal appare fondato su solide ragioni strategiche e quindi idoneo a generare valore per gli azionisti delle due banche coinvolte. Banco Bpm rappresenta per Unicredit un target ideale dal punto di vista industriale. È infatti molto ben radicato nelle regioni più sviluppate del nostro Paese come il Veneto e, soprattutto, la Lombardia, dove detiene il 13% delle filiali, più del doppio rispetto a Unicredit. È inoltre molto ben posizionato nel segmento delle piccole e medie imprese e in ambiti di business quali l’asset management (Anima Holding), il comparto assicurativo (Bpm Vita e Bpm Assicurazioni) e l’investment banking (Banca Akros, che gode di ottima reputazione nel segmento “mid-market” e in quello della clientela “private”), tutte aree di business oggi poco presidiate da Unicredit.

Oltre a far crescere la propria quota di mercato nel nostro Paese (in Italia la quota dei crediti alla clientela salirebbe dal 9% al 15%, nel Nord Italia la quota relativa al numero delle filiali salirebbe dall’11% al 20%) e innescare significative economie di scala, l’aggregazione consentirebbe a Unicredit di combinare segmenti di clientela, prodotti, mercati geografici, reti di filiali e marchi tra loro fortemente complementari; ampliare e diversificare l’offerta, scalare il potenziale di generazione di valore della base di clientela.

Il piano stima che questi vantaggi industriali si tradurranno in un incremento dell’utile pari a circa 1,2 miliardi all’anno, consentendo così di recuperare in meno di tre anni i costi necessari per implementare l’integrazione informatica, finanziaria e operativa tra le due banche e di far crescere entro due anni l’utile per azione di almeno il 7%, senza intaccare le politiche di distribuzione dei dividendi già programmate.

Unico punto debole dell’offerta di Unicredit ci pare l’importo del corrispettivo proposto agli azionisti di Bpm che, a nostro avviso, non riflette a pieno il potenziale di creazione di valore della nuova business combination. Mentre scriviamo, il titolo Bpm viaggia intorno ai 7 euro, il 5% in più del prezzo implicito proposto da Unicredit. Riteniamo che il buon esito del deal dipenderà dalla disponibilità di Unicredit di ritoccare al rialzo tale corrispettivo di almeno il 15-20%, cosa che potrà fare nei prossimi mesi, in tempo utile per l‘assemblea della banca del 10 aprile 2025, che approverà l’aumento di capitale a servizio dell’offerta. Sarà in ogni caso il mercato e non qualche arcana manovra a decretare l’esito di una operazione che potrebbe riconfigurare un pezzo rilevante del nostro sistema bancario, portando Unicredit a diventare il terzo gruppo bancario europeo e a consolidare la sua posizione di secondo campione italiano, alle spalle di Intesa Sanpaolo.

*Professore Ordinario di Economia e Gestione delle Imprese, l’Università degli Studi di Firenze