Lunedì 25 Novembre 2024
FRANCESCA CONTI
Economia

Gli scenari dopo il no di Banco Bpm a Unicredit e la partita a scacchi di Orcel

Piazza Meda la definisce l’offerta ostile e priva di valore: “Premio troppo basso e rischi elevati”. La palla passa al mercato e agli azionisti. Salvini: Unicredit è straniera, si guardi all'azionariato. Pesa il nodo Mps

Roma, 26 novembre 2024 – Banco Bpm rispedisce al mittente l’offerta di scambio lanciata da Unicredit. La prima reazione di Piazza Meda, che in mattinata si è riunita in un consiglio di amministrazione già programmato ma senza l’Ops all’ordine del giorno, è una sonora bocciatura all’operazione. Certo, Banco Bpm si esprimerà formalmente sull’offerta di scambio annunciata da Unicredit con le tempistiche e secondo le modalità previste dalla legge, ma intanto definisce l’offerta inadeguata e priva di valore reale per gli azionisti. L’istituto guidato da Giuseppe Castagna sottolinea in particolare come il premio offerto da Unicredit, pari allo 0,5% rispetto al prezzo ufficiale del titolo del 22 novembre, sia inusuale per operazioni di questa portata. Banco Bpm ritiene di avere prospettive di crescita autonome significative, rafforzate dal proprio piano industriale e dalle recenti operazioni strategiche, tra cui l’Opa su Anima e l’acquisizione di una quota di Mps.

La sede di Milano di Banco Bpm riflessa su una filiale Unicredit (ImagoE)
La sede di Milano di Banco Bpm riflessa su una filiale Unicredit (ImagoE)

La bocciatura del cda

Per il cda del Banco la proposta di Unicredit comporterebbe uno sconto implicito del 7,6% rispetto al prezzo di mercato attuale, il che la rende quindi non congrua rispetto al potenziale della banca. Banco Bpm si esprimerà formalmente sull'offerta di scambio annunciata da Unicredit con le tempistiche e secondo le modalità previste dalla legge, ma per il momento arriva una sonora bocciatura all'operazione da parte del cda dell'istituto. Al suo arrivo nella sede di Piazza Meda per la riunione del board, un consigliere di Banco Bpm si sbilancia, rispondendo affermativamente a chi gli chiede se l’offerta fosse ‘ostile’. Le condizioni dell’Ops, "un'offerta che non è stata in alcun modo preventivamente concordata" precisa in una nota Piazza Meda, risultano “del tutto inusuali per operazioni di questa tipologia e, nell'opinione del cda, non riflettono in alcun modo la redditività e l'ulteriore potenziale di creazione di valore per gli azionisti della banca". Il cda ricorda i rischi connessi "all'esito delle iniziative di espansione avviate da Unicredit in Germania” su Commerzbank “nonché a una significativa diluizione dell'attuale esposizione geografica che, in luogo di un'attrattiva concentrazione di Banco Bpm nelle regioni più dinamiche del Paese e dell'Eurozona, si riposizionerebbe su aree oggi caratterizzate da una minore crescita e un maggiore rischio geopolitico".

Le condizioni imposte da Unicredit

Unicredit ha inserito nell’offerta condizioni specifiche che hanno alimentato ulteriori dubbi in Piazza Meda. Tra queste, la richiesta che Banco Bpm non modifichi i termini dell’Opa su Anima né compia operazioni che possano contrastare il completamento dell’Ops. Questo vincolo, unito alla cosiddetta ‘passivity rule’, ridurrebbe la flessibilità strategica del Banco, limitando la capacità del management di prendere decisioni autonome. La passivity rule è una norma europea che impedisce al management di una società target di adottare contromisure volte a ostacolare un’offerta pubblica senza il consenso degli azionisti. Nell'operazione Unicredit-Banco Bpm, limita la capacità del cda del Banco di modificare strategie, come l’Opa su Anima, o compiere atti che possano contrastare il completamento dell’Ops. Secondo Piazza Meda la fusione, inoltre, prevederebbe la rapida incorporazione di Banco Bpm in Unicredit, con la perdita dell’identità giuridica e del marchio. Questa scelta secondo il cda andrebbe a discapito della concorrenza, penalizzando clienti retail e corporate, in particolare le Pmi, storicamente al centro del business di Banco Bpm.

Cosa succede adesso

Con il rifiuto preliminare del cda la palla passa ora agli azionisti e al mercato. Il primo passo sarà il confronto con i grandi investitori, a partire dal principale azionista di Banco Bpm, il Crédit Agricole, che detiene una quota del 9,2 per cento. La banca francese ha chiarito di non aver richiesto autorizzazioni per salire oltre il 10%, ma il suo ruolo sarà cruciale per il destino dell’Ops. Al contempo, gli analisti non escludono che Unicredit possa migliorare l’offerta, aumentando il premio per gli azionisti di Banco Bpm. Il Financial Times ha sottolineato come il ceo Andrea Orcel stia giocando una partita strategica, con margini di manovra che gli consentono di adattare la proposta in base alle reazioni del mercato. Potrebbe quindi esserci un rilancio, con una nuova offerta di prezzo oppure con un cambio di forma. L'Ops (offerta pubblica di scambio) di Unicredit potrebbe trasformarsi in un'Opas (offerta pubblica di acquisto e scambio) qualora l’istituto decidesse di aggiungere una componente in denaro all'offerta attuale, che è composta esclusivamente da azioni. Questa modifica potrebbe essere adottata per rendere la proposta più allettante agli occhi degli azionisti di Banco Bpm, che al momento giudicano l'offerta non congrua rispetto al valore della banca. Tuttavia il rischio che l’Ops così com’è fallisca rimane elevato.

I dubbi sul fronte occupazionale e sociale

Un altro punto critico dell’operazione riguarda le sinergie di costo annunciate da Unicredit, stimate in 900 milioni di euro l’anno, pari a oltre un terzo della base costi di Banco Bpm. Queste previsioni hanno sollevato preoccupazioni per le possibili ricadute occupazionali e sociali. I sindacati e il cda del Banco temono tagli al personale e riduzioni significative nella rete di filiali, con un impatto diretto sul tessuto economico e sociale delle regioni più dinamiche d’Italia. Questa prospettiva ha alimentato ulteriori dubbi sull’adeguatezza dell’offerta e sulle reali intenzioni di Unicredit nel preservare l’occupazione e la presenza territoriale di Banco Bpm.

Un risiko bancario ancora incerto 

L’Ops di Unicredit ha rimescolato le carte nel risiko bancario italiano, mettendo in discussione la creazione del terzo polo bancario con Mps, un progetto su cui il governo aveva espresso parere favorevole. Con Banco Bpm sempre più orientata verso una strategia stand-alone, la fusione con Unicredit potrebbe complicare anche i rapporti con Anima Holding, coinvolta sia nell’Opa di Banco Bpm sia negli accordi di distribuzione con Mps. La mossa del ceo di Unicredit Andrea Orcel sembra aver alzato il livello di incertezza nel settore, aprendo la possibilità di controfferte da parte di altri attori o di una revisione strategica da parte dello stesso Unicredit. Per ora, il risiko resta aperto, con tutti i principali attori in attesa di capire quale sarà il prossimo passo.

Le reazioni politiche tra pluralismo e golden power

La mossa di Unicredit scatena ulteriori reazioni nel mondo politico. Da Forza Italia arriva un giudizio positivo sull’operazione: il presidente dei deputati Paolo Barelli la considera un segnale di dinamismo in un mercato libero. “Negli ultimi vent’anni il nostro sistema bancario è passato dall’essere con i piedi d’argilla a protagonista sul mercato europeo, superando molti competitor. Questi movimenti, come l’Ops da 10 miliardi di Unicredit su Bpm, non devono sorprendere. È la Bce, e non Bankitalia, a vigilare su queste operazioni, garantendo il rispetto delle normative europee”.

Per Barelli, il consolidamento bancario italiano è un riflesso del protagonismo nazionale in ambito finanziario, con dinamiche che rafforzano la competitività europea del sistema. La pensa in altro modo il vicepremier Matteo Salvini, che si dice preoccupato riguardo agli effetti sul pluralismo bancario, definendo Unicredit una “banca straniera”. “Questo è ciò che dice la composizione azionaria”, afferma. Pur non esprimendo una critica diretta all’operazione, Salvini sottolinea l'importanza di non compromettere il progetto del terzo polo bancario italiano, che coinvolgerebbe Banco Bpm e Mps. “Non ce l’ho con nessuno, ma non si deve mettere in discussione il terzo polo che sta nascendo”, ribadisce. Sul fronte opposto, il responsabile economico del PD Antonio Misiani giudica “surreale” la definizione di Unicredit come banca straniera, ricordando che si tratta di un istituto con sede legale a Milano. Misiani concentra le sue critiche sulla possibile scomparsa del progetto del terzo polo bancario e sull’uso improprio del golden power.