Milano, 27 novembre 2024 – “Questo matrimonio non s’ha da fare”. Banco Bpm risponde picche all’offerta da 10,1 miliardi Unicredit, bollata come ostile, e prepara le barricate per fermare il progetto dell’ad Andrea Orcel di creare il primo polo bancario italiano e il terzo d’Europa. Una replica che Piazza Affari aveva anticipato lunedì sera, al termine di una seduta in cui i titoli coinvolti nell’operazione avevano avuto un andamento opposto: +5,48% Banco Bpm e -4,77% Unicredit. Chiaro il segnale inviato prima dalla Borsa e poi dal board della banca guidata da Giuseppe Castagna: il prezzo è troppo basso e l’operazione manca del necessario appeal.
In una nota, il cda di Banco Bpm – riunito ieri a Milano – ha spiegato che l’Ops “non riflette in alcun modo redditività e ulteriore potenziale di creazione di valore per gli azionisti”, aggiungendo che l’iniziativa di Unicredit desta “forti preoccupazioni per le ricadute occupazionali e sociali” e che una fusione farebbe venir meno “l’autonomia giuridica della banca, a discapito del brand”. Banco Bpm, conclude la nota, resta “focalizzata sull’implementazione del Piano 2023-2026, sull’esecuzione dell’Opa su Anima e sul conseguente aggiornamento del piano industriale, non trascurando alcuna opzione strategica che possa ulteriormente contribuire all’obiettivo di creare valore per gli azionisti e per tutti gli altri stakeholders del gruppo”.
In attesa della valutazione formale, che potrà arrivare solo tra qualche mese dopo la pubblicazione del documento di offerta, al board di Banco Bpm sono bastate poche ore per affossare una proposta che “non è stata in alcun modo preventivamente concordata” o più semplicemente è “ostile”, per usare le parole del consigliere Mauro Paoloni. A irritare il cda è stato anzitutto il corrispettivo, che esprime un premio di solo lo 0,5%, trasformatosi in uno sconto di circa il 7,6% dopo la reazione divergente dei titoli in Borsa, ieri entrambi in calo di circa un punto percentuale.
Partita chiusa? Certamente no. La prima a crederci è Standard & Poor’s, che non esclude un rialzo dell’offerta di Unicredit e nemmeno l’arrivo di contro-offerte. “Dal punto di vista strategico, l’operazione ha senso per Unicredit – sottolinea l’agenzia di rating – in quanto rafforzerebbe la sua posizione di mercato in Italia, in particolare nella parte settentrionale più ricca, dove la banca è sottorappresentata. La tempistica di un anno per completare l’integrazione sembra comunque ambiziosa”.
La maggior parte degli analisti concorda sul fatto che, a questo prezzo, difficilmente l’Ops andrà in porto. Ma consente comunque a Unicredit di giocare su più fronti: quello tedesco, dove la scalata a Commerzbank richiede tempi lunghi, e su quello italiano, dove blocca la creazione di un terzo polo bancario con Mps, garantendosi più opzioni strategiche. Quella di Orcel è solo una mossa di apertura e bisognerà aspettare gli sviluppi della vicenda per valutarne l’effettiva portata.
Chi invece ha già dato una valutazione è la maggioranza di governo, dove le posizioni di Forza Italia si distinguono da quelle della Lega. Con il segretario azzurro e ministro degli Esteri Antonio Tajani, secondo cui “la politica non deve immischiarsi su queste vicende”, che però confermano “la grande vitalità del nostro sistema bancario”. Più cauta la posizione di Fratelli d’Italia, la cui unica preoccupazione è “tutelare sempre i risparmi degli italiani e il sistema del credito nell’interesse delle famiglie e delle imprese”.
Sul fronte dell’opposizione, il Pd ha depositato in Senato un’interrogazione alla premier e al ministro dell’Economia per saper se il governo sia stato tempestivamente informato dell’iniziativa di Unicredit e se intenda attivare la golden power su Banco Bpm.