I prezzi delle auto nuove potrebbero salire in media di 3mila euro nel 2025. I dazi varati dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, e attualmente sospesi per un periodo di 30 giorni, rischiano di causare a regime un effetto domino su tutto il comparto dell'automotive, con ripercussioni dirette anche sulle autovetture e sulla componentistica commercializzati in Italia. Lo denuncia Federcarrozzieri, l'associazione delle autocarrozzerie italiane.
Anche nel caso in cui i dazi non dovessero essere imposti all'Europa, ma solo nei confronti di Messico e Canada, le case automobilistiche di tutto il mondo subirebbero un duro impatto in termini di mancati profitti e perdite economiche - spiega Federcarrozzieri - Questo perché sono molteplici i marchi che producono automobili nei due paesi colpiti da Trump: Volkswagen, Audi, Bmw, Stellantis, Honda, Hyundai, Kia, Mazda, Toyota, Nissan. Il Messico, dove si producono ogni anno 3,5 milioni di autovetture, è il più grande paese di origine per le auto vendute dal gruppo Volkswagen negli Usa (il 44% delle vendite totali nel 2024), e il secondo per le auto destinate agli Usa di Stellantis (40% tra Canada e Messico), Nissan (31%), Mazda (23%), Honda (13%).
Per questo gli analisti, considerato anche il numero di vetture vendute ogni anno negli Usa dai singoli marchi, stimano che per Volkswagen circa 8 miliardi di euro di ricavi saranno influenzati dai nuovi dazi voluti da Trump, mentre per Stellantis la cifra sale a 16 miliardi, con una riduzione media degli utili per le case automobilistiche tra il -5% e il -15%.
"Nel 2024 il prezzo medio di una autovettura si è attestato in Italia a 30.096 euro, con una crescita enorme del +43% rispetto al periodo pre-covid (21mila euro nel 2019) - afferma il presidente di Federcarrozzieri, Davide Galli - I dazi rischiano di determinare a livello globale una nuova impennata dei listini delle auto, che nel 2025 potrebbero salire in media di 2.500/3.000 euro rispetto ai prezzi attuali come conseguenza delle politiche commerciali protezionistiche degli Usa che si ripercuoterebbero non solo su Messico, Canada o Cina, ma sull'intera filiera mondiale dell'automotive".