
Necessari investimenti fino a 1,5 miliardi per adeguare i depuratori italiani alla nuova Direttiva europea sulle acque reflue.
Per adeguare il parco dei grandi depuratori italiani alla nuova Direttiva europea sulle acque reflue (2024/3019) saranno necessari investimenti fino a 1,5 miliardi di euro, in un Paese in cui 296 Comuni e 1,3 milioni di cittadini sono ancora privi di un servizio di depurazione. Sono alcuni dei dati resi noti in occasione della presentazione del Blue Book 2025 realizzato dalla Fondazione Utilitatis e promosso da Utilitalia, relativi al servizio idrico integrato, e del Libro Bianco 2025 "Valore Acqua per l'Italia" di Teha (The European House - Ambrosetti), relativi alla filiera estesa dell'acqua.
Per l'adeguamento dei depuratori, si stimano costi tra 600 milioni e 1,5 miliardi come somma dei costi di investimento e di esercizio richiesti, in base alle tecnologie impiegate. Investimenti nel settore depurativo sono necessari, considerando che in Italia si contano ancora 856 agglomerati in procedura di infrazione per un carico organico generato pari a circa 27 milioni di abitanti equivalenti, di cui il 76% al Sud.
L'Italia è al 22/o posto nell'Ue-27 per la quota di acque reflue domestiche trattate in modo sicuro, con un valore del 70,2%. I Paesi Bassi sono il miglior esempio con il 99,8% di trattamento. Ogni anno 6,7 miliardi di metri cubi di acque reflue vengono convogliati nei depuratori, ma una gestione più efficace potrebbe aumentarne il riutilizzo.
Forti criticità nel servizio di depurazione al Sud (400.000 persone, 3% della popolazione regionale) e nelle Isole (640.000 persone, 9,9%). Questa situazione ha già portato all'apertura di 4 procedure di infrazione da parte dell'Ue, costando all'Italia 143 milioni di euro in sanzioni dal 2010 al 2021.