Roma, 6 novembre 2024 – Il recente vertice dei Brics svoltosi a Kazan, capitale della regione della Russia del Tatarstan, ha acceso diversi campanelli d’allarme in giro per il mondo, con il presidente russo Vladimir Putin che ha voluto dimostrare, riuscendoci, di non essere alla guida di un Paese isolato a causa della guerra in Ucraina. Si è di fatto palesato, ancora di più, un blocco di Stati del Sud globale che si contrappongo all’Occidente, ovvero agli Stati Uniti, alla Nato e all’Unione europea. Nessuno di questi attori può al momento permettersi di ignorare le recenti dinamiche geopolitiche venutesi a creare, visto che l’equilibrio mondiale risentirebbe non poco di eventuali errori di valutazione. Va tuttavia tenuto conto che, malgrado i Brics vengano comunemente intesi come un unico blocco, al loro interno sono presenti delle evidenti divergenze tra alcuni Stati che limitano, in parte, gli intenti del gruppo stesso.
La potenza globale dei Brics
Per comprendere al meglio quali potrebbero essere i rischi per l’Occidente di un ulteriore rafforzamento dei Brics dopo il vertice di Kazan, è necessario partire dai dati storici e dalla composizione di questo raggruppamento di nazioni.
Istituiti nel 2009 da Brasile, Russia, India e Cina, i Brics (acronimo che deriva proprio dalle iniziali di ogni singolo Paese) hanno accolto il Sudafrica nel 2010 e successivamente, nel 2024, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia e Iran. Vi sono poi Argentina e Arabia Saudita che hanno rifiutato di aderire all’organizzazione pur essendo state invitate a farlo. Facendo i dovuti conti, i Brics rappresentano a oggi il 35% del Pil mondiale e il 41% della popolazione globale. Rilevante è inoltre il ruolo rivestito dai Paesi Brics nella produzione di petrolio e altri minerali importanti a livello globale come il rame, il litio, l’acciaio e l’alluminio. Si tratta, come evidente, di una forza economica e demografica enorme, che supera senza problemi la popolazione dell’Unione europea e le si avvicina in termini di potenza economica.
I problemi per l’Unione europea
Se è vero che il vertice di Kazan è servito principalmente alla Russia per proporre ai Paesi Brics di superare il dollaro come moneta di riferimento del commercio internazionale avanzando un nuovo schema di pagamenti internazionali alternativo, è altrettanto vero che i pareri sul tema all’interno dell’organizzazione sono abbastanza distanti. Questo non vuol dire però che i Brics cessino di rappresentare un problema per gli equilibri geopolitici mondiali, ma solo che la realizzazione dei loro piani potrebbe non essere così immediata e semplice.
L’Unione europea, nello specifico, è al momento esposta a un rischio non di certo trascurabile. Un ulteriore rafforzamento dei Brics, infatti, potrebbe spostare l’equilibrio di potere verso il Sud globale, tagliando fuori il Vecchio Continente che rimarrebbe di fatto in mezzo tra Occidente (Stati Uniti) e Oriente. A non aiutare è anche il fatto che Paesi Nato come la Turchia di Erdogan abbiano preso parte all’ultimo vertice di Kazan. È un campanello d’allarme importante, visto che i Brics potrebbero aver mosso un primo passo verso l’influenza all’interno del Patto Atlantico.
Ci sono poi i sette incontri bilaterali che la Russia ha organizzato con importanti rappresentanti di organizzazioni internazionali e Paesi, dal Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres al presidente iraniano Masoud Pezeshkian fino ad arrivare al presidente della Palestina Mahmoud Abbas e, come detto, al turco Erdogan.
In tema Brics, dunque, qualcosa di importante si muove, con il buon esito della loro nuova strategia che dipenderà molto dall’equilibrio interno dell’organizzazione, dalle alleanze esterne potenziali che potrebbero crearsi e da come queste incideranno sull’influenza globale. L’Europa, l’Unione europea per l’esattezza, è in questo gioco un osservatore interessato che deve prepararsi a rispondere a ogni nuovo possibile scenario.
Brics, le divergenze interne
Come più volte accennato in precedenza, la compattezza che i Paesi Brics manifestano, anche in via retorica, all’esterno non corrisponde esattamente a quanto si verifica all’interno dell’organizzazione, dove le posizioni di alcuni Paesi sono anche molto distanti tra di loro.
Il primo motivo di discussione interno ai Brics è rappresentato dalla composizione del gruppo stesso, con la Russia che, per esempio, spinge per creare lo status di Paese partner e altri membri fondatori, come l’India, che invece si trovano in totale disaccordo con questa visione. A risentirne, in caso di mancata intesa, sarebbe il buon esito della strategia dell’alleanza e la coesione stessa dell’organizzazione.
C’è poi la Cina che non ha mai negato di vedere nei Brics la possibilità di aumentare la propria influenza a livello globale. Molti dei Paesi aderenti, infatti, sono legati commercialmente alla superpotenza asiatica e anche il recente ingresso di Paesi come Etiopia ed Egitto rafforza la posizione di Pechino che vede nell’Africa un obiettivo importante della propria politica estera. Strategia, quest’ultima, che la Cina divide non con pochi contrasti con l’India. Tra i due Paesi c’è una rivalità storica commerciale e strategica arricchita anche da contese territoriali ancora in atto. Entrambe, inoltre, si candidano a essere la guida della crescita dei Paesi del Sud globale, pur dovendo mantenere la cooperazione all’interno dei Brics per gli obiettivi multilaterali e di lungo termine.
Infine, altro motivo di contrasto interno ai Brics è rappresentato dall’eterogeneità dei rapporti internazionali esterni all’organizzazione intrattenuti dai Paesi membri. Arabia Saudita e Iran, ad esempio, pur essendo due punti di riferimento per il mondo arabo, hanno un atteggiamento molto diverso nei confronti dell’Europa e degli Stati Uniti, più aperto nel primo caso e molto più conflittuale nel secondo. E ancora, se Cina e Russia non hanno legami saldi e positivi con l’Unione Europea e gli Stati Uniti, lo stesso non si può dire di Brasile e India che, invece, adottano una politica estera decisamente più aperta, possibilista e bilanciata. C’è poi l’India che, oltre a essere uno dei fondatori dei Brics, fa parte anche del Quad, gruppo di Stati che include anche Giappone, Stati Uniti e Australia che ha come obiettivo la sicurezza della zona dell’Indo-Pacifico (di interesse anche cinese). Creare un'agenda comune Brics e mantenere una compattezza multilaterale con questi preamboli non è certo un’operazione facile.