Roma, 7 gennaio 2025 – La Bce ha una parte non piccola di responsabilità per le condizioni economiche difficili in cui versa oggi l’economia europea. Tende a essere in ritardo nei tempi delle sue decisioni e troppo cauta nella misura degli interventi. All’indomani del Covid ha lasciato correre il credito anche quando era in pieno corso l’inflazione. Di recente ha mantenuto tassi d’interesse elevati quando ormai la fine della corsa dei prezzi era il sintomo di una recessione incombente. Il Financial Times riferiva ieri che una larga maggioranza di economisti ascoltati dal giornale condivide queste valutazioni critiche. In queste settimane Christine Lagarde, presidente della banca, ha fatto sapere che la Bce farà ulteriori tagli dei tassi d’interesse.
Ma questo non colma i danni prodotti dai ritardi di questi mesi. Oltre all’evidente debolezza dell’attuale leadership della banca, vi è un problema di fondo che l’euro si porta con sé fin dalla decisione del passaggio alla moneta unica nel trattato di Maastricht del 1992. La decisione, allora, fu che si potesse procedere verso la moneta unica senza un corrispondente progresso nell’unificazione politica dell’Europa, cioè senza affiancare alla Bce un Tesoro europeo capace di condurre un’azione complementare a quella della banca. Si disse che lo si sarebbe fatto in futuro. Ma non è stato cosi, anche perché, nel frattempo, sono cresciuti in tutti i Paesi europei movimenti populisti che predicano o praticano una restituzione dei poteri agli stati nazionali.
Nei mesi scorsi il rapporto predisposto da Mario Draghi ha illustrato le conseguenze dell’assenza di un governo europeo. Draghi ha scritto che per colmare il ritardo rispetto alle grandi aree economiche del mondo, dagli Stati Uniti, alla Cina, all’India, a tutto il sud-est asiatico, l’Europa avrebbe bisogno di una politica monetaria espansiva, ma anche di grandi investimenti pubblici indirizzati verso i settori dai quali dipende la produttività complessiva del sistema. Questa è oggi la sfida davanti alla quale si trova l’Europa. Essa ha bisogno di una politica europea di sviluppo che presuppone maggiore integrazione e maggiore unità politica. Come possono fornirlo movimenti politici cresciuti proprio predicando un cammino nell’opposta direzione? È il grande dilemma dell’Europa oggi.