Roma, 6 giugno 2024 – Un gruppo minerario norvegese ha annunciato di aver trovato il “più grande giacimento” di terre rare d'Europa nel sud-est del Paese.
Secondo Rare Earths Norway (Ren), il giacimento di Fensfeltet contiene 8,8 milioni di tonnellate di ossidi totali di terre rare (Treo), essenziali per la transizione verso la tecnologia verde, molto più del giacimento di Kiruna, in Svezia, dove è stimata una quantità tra 1 e 2 milioni di tonnellate.
Cosa sono le terre rare
Con il termine terre rare vengono individuati 17 elementi chimici:
- Scandio
- Ittrio
e i 15 lantanoidi ovvero:
- Lantanio
- Cerio
- Praseodimio
- Neodimio
- Promezio
- Samario
- Europio
- Gadolinio
- Terbio
- Disprosio
- Olmio
- Erbio
- Tulio
- Itterbio
- Lutezio
A cosa servono
Dall’economia rinnovabile – si legge dal sito di Erion (azienda multiconsortile no profit specializzata nel trattamento dei rifiuti speciali) – a quella militare e aerospaziale, passando per il commercio di auto elettriche, e poi, ancora, la fibra ottica e la produzione di smartphone: le terre rare sono fondamentali per l’economia del presente e del futuro, nel mondo. Più nello specifico e nel pratico, ecco alcuni esempi per i quali vengono utilizzate: nel settore dell’automotive – specie per quello elettrico ed ibrido, ormai in ascesa – per le batterie ricaricabili, come magneti permanenti per le turbine eoliche e per la costruzione di motori elettrici; possono diventare fosfori per TV e LCD e più in generale sono importanti per la creazione di tutti i dispositivi elettronici di ultima generazione; inoltre servono per sviluppare tecnologie avanzatissime nel campo dell’aerospazio, della difesa e delle energie rinnovabili, ma anche nel settore medico, e perfino in quello petrolchimico, nel processo di raffinazione del petrolio greggio.
In generale – riporta sempre Erion –, dunque, le terre rare sono molto ambite dalle grandi potenze mondiali. Attualmente la Cina è l’esportatore di terre rare più importante al mondo, con una produzione annua di circa 130mila tonnellate (dati del 2019) e detenendo circa il 37% delle riserve mondiali. Seguono gli Stati Uniti – in risalita – con il 12%, il Myanmar (10,5%) e l’Australia (10%).