Lunedì 23 Dicembre 2024
REDAZIONE ECONOMIA

Tasso neutrale e tasso terminale: caratteristiche e differenze

Come le banche centrali intervengono sui tassi d’interesse e cosa sono il valore neutrale e quello terminale

Roma, 27 novembre 2023 – Il recente scenario economico internazionale, fortemente condizionato da un’inversione rispetto alle politiche monetarie espansive degli ultimi anni, ha portato nuovamente al centro del dibattito il tema dei tassi di interesse. Questi sono stati aumentati dalle banche centrali come conseguenza dell’inflazione galoppante, andando ad incidere però molto negativamente sui prestiti personali e sui mutui che possono essere richiesti dai cittadini. Il risultato è che, rispetto a pochi anni fa, le rate di restituzione delle somme ricevute sono notevolmente maggiorate da una percentuale di interesse decisamente più alta. In tale scenario assumono molto importanza i concetti di tasso neutrale e tasso nominale, in quanto elementi che aiutano a leggere lo scenario odierno e a comprendere le mosse delle banche centrali.

Tasso neutrale e tasso terminale - Crediti iStock Photo
Tasso neutrale e tasso terminale - Crediti iStock Photo

Che cos’è il tasso neutrale

Partiamo dal tasso neutrale che può essere definito come il livello di equilibrio perfetto dei tassi, ovvero quello che non comporta limiti e particolari stimoli alla crescita economica. Per permettere una migliore comprensione di questo concetto, è utile fare un passo indietro e partire da cosa rappresentano i tassi d’interesse nel contesto economico. Si tratta di strumenti che agiscono come un vero e proprio domino, una loro modifica può portare infatti a delle conseguenze non del tutto prevedibili, sia positive che negative e più o meno impattanti sullo scenario. Applicando questo assunto a quanto sta avvenendo in questi mesi, è possibile dire che la scelta delle banche centrali di aumentare i tassi di interesse tende, di norma, a raffreddare l’inflazione, ma il rischio concreto è quello di indebolire la domanda e, quindi, di porre un netto freno alla crescita economica. Nel caso opposto, quello in cui si assiste ad una riduzione dei tassi, si incentiva il supporto per consumi e imprese, con effetti benefici che si protraggono anche sul Pil. Di contro, dei tassi di interesse troppo bassi possono condurre ad un aumento dell’inflazione, portandolo a dei livelli insostenibili per tutti gli operatori. Il tasso neutrale, dunque, è quello che, se applicato, eliminerà tutti gli effetti estremamente benefici e malevoli che può comportare una modifica delle percentuali di interesse. L’equilibrio è il riferimento cui dovrebbero guardare gli osservatori e gli studiosi della politica monetaria, sia nel lungo che nel breve periodo, ma va anche precisato che in condizioni di difficoltà economica è necessario intervenire diversamente. Più nello specifico: - quando c’è una crisi è necessario che il tasso di interesse venga mantenuto al di sotto della soglia del tasso neutrale, proprio per incentivare il Pil e la ripresa economica; - quando c’è un’inflazione molto alta è necessario, per contenerla, tenere la percentuale di interesse sopra la soglia neutrale per cercare di contenere la crescita del prezzo della vita. Dai discorsi fin qui affrontati, appare evidente che non vi possa essere un tasso neutrale fisso e predeterminato, ma questo dovrà essere valutato di volta in volta rispetto allo scenario presente. Molto importante è anche dire che non c’è un modo univoco per calcolarlo e nessuno può avere la certezza che il tasso individuato sia realmente quello neutrale, almeno fino al momento in cui questo non è stato raggiunto. Proprio quest’ultimo aspetto di discrezionalità, induce i più critici nei confronti della manovre di politica monetaria che intervengono sui tassi a non considerare il tasso neutrale come un elemento cui dare credito in quanto non rappresenterebbe l’equilibrio perfetto.

Cos’è il tasso terminale

Diverso dal tasso neutrale, ma comunque a questo sempre collegato, è il tasso terminale che può essere inteso come la soglia limite di aumento, oltre la quale per un banca centrale non è possibile andare. È dunque un vero e proprio tetto da non sforare, il punto più estremo raggiungibile da una stretta effettuata sulla politica monetaria.