Roma, 16 novembre 2023 – Che ci dicono gli oracoli della moneta oggi? Christine Lagarde e Jerome Powell (Bce e Fed) negli ultimi giorni hanno fatto sentire la loro voce nelle loro apparizioni qua e là nel mondo, illuminando l’orizzonte. Per qualche analista ottimista avrebbero acceso qualche flebile fiammella di speranza fra noi miseri e mortali cittadini del mondo, clienti delle banche, popolo di indebitati che cerca di navigare tra mutui e prestiti.
Signore e signori, qui si parla dei tassi d’interesse, che non è misura astratta, ma carne e materia viva, reale, moneta delle nostre monete, nutrimento delle nostre economie. Bene, oggi l’oracolo Christine Lagarde, presidente della Bce, colei che ha tradotto whatever its takes in whatever it (could be) increased, ha camminato su un tappeto di uova.
Cauta davanti alla platea di un convegno dell’Esbr. Non ha neppure velatamente abbozzato a possibili retromarce sulla politica monetaria restrittiva, e tuttavia tra il non detto e l'evocato, l’oracolo ci ha parlato. Aruspici, che ha detto? Partiamo dal testo testuale, intanto. “La redditività delle banche sarà influenzata negativamente dall'aumento dei costi di finanziamento, che riflette l'innalzamento dei tassi di riferimento, e dalla riduzione dei volumi dei prestiti”, ha scandito Lagarde. “Inoltre, – ha aggiunto – la perdurante combinazione di bassa crescita e aumento dei costi di servizio del debito continuerà a mettere a dura prova le famiglie e le imprese vulnerabili, con il rischio di un aumento degli Npl".
Riferimenti ai tassi e alle conseguenze su mutui? Solo un accenno. “I mercati immobiliari residenziali – un'esposizione chiave per le banche – hanno subito un rallentamento, ma finora in modo ordinato".
Tradotto. Si procede ancora con cautela, non parliamo (per ora) di abbassare i tassi, ma nemmeno di alzarli di nuovo, anche se bisogna tenere gli occhi aperti sulle sorti incerte e mutevoli dell’economia mondiale, che oggi affronta più rischi geopolitici che finanziari.
Traduzione bis, a cura degli analisti. “I tassi hanno raggiunto il picco ed è probabile che la Federal Reserve inizi a tagliarli nel secondo semestre del prossimo anno”, è l’opinione di Michaël Lok, group cio e co-ceo Asset Management di UBP. Lok non è solo in questa lettura (la possibile discesa dei tassi nella seconda metà del 2024): Peter Goves, Head of Developed Market Debt Sovereign Research di MFS Investment Management, è un filo più più ottimista e si spinge a prevedere una discesa dei tassi prima del previsto.
“I tassi attuali continueranno a rallentare la domanda – spiega – e quindi a spingere l'inflazione verso l'obiettivo. Quanto tempo ci vorrà è una questione aperta, soprattutto perché ci sono pochi cicli della Bce da studiare. Il nostro parere è che, se l'inflazione dovesse attestarsi al di sotto del target, i tagli dei tassi potrebbero arrivare prima di quanto attualmente previsto”.
In sintesi, quindi, l’attesa è per un raffreddamento dei tassi a partire dalla seconda metà del 2024, ovviamente se l’inflazione confermerà la discesa e se non irrompono ulteriori choc geopolitici. Parola degli oracoli, ovviamente. Alla luce di queste aspettative conviene anche cominciare a orientare il portafoglio. Lok ad esempio punta per il 2024 sull’obbligazionario, convinto che possa offrire “rendimenti interessanti”. Il motivo è sempre quello: “Dovrebbe finalmente essere giunto alla fine dei due anni di mercato orso: i tassi hanno raggiunto il picco ed è probabile che la Federal Reserve inizi a tagliarli nel secondo semestre del prossimo anno”.
Ma qui conviene fermarsi. E piuttosto che affidarsi agli oracoli, è meglio bussare a chi i portafogli li gestisce per professione, avendo chiari i principi cardine: diversificare, avere obiettivi chiari (in base a esigenze e possibilità) e soppesare bene la propria propensione al rischio.