Martedì 29 Ottobre 2024
MONICA PIERACCINI
Economia

Rialzo dei tassi, allarme per le ricadute su famiglie e imprese. “Rischio credit crunch in Italia”

Crollano le richieste dei mutui a tasso variabile. Ma Piazza Affari chiude in rialzo

La presidente della Bce Christine Lagarde (ImagoE)

La presidente della Bce Christine Lagarde (ImagoE)

Roma, 14 settembre 2023 – Inflazione ancora troppo alta. E' per questo che la Banca centrale europea ha aumentato i tassi di interesse di 25 punti base. Si tratta del decimo aumento consecutivo: il primo a luglio 2022, in risposta all'elevata inflazione. Una decisione che preoccupa consumatori e imprese. 

Unimpresa: “E’ rischio credit crunch”

“L'ennesima decisione improvvida della Banca centrale europea corre seriamente il rischio di dare un colpo di grazia all'economia dell'eurozona e dell'Italia in particolare”. A lanciare l’allarme dopo l’annuncio del rialzo dei tassi della Bce è Giuseppe Spadafora, vicepresidente di Unimpresa. ”I rischi per la crescita sono assai rilevanti. L'aumento del costo del denaro deciso oggi, il decimo in 14 mesi, con il tasso che sale al 4,5%, rappresenta una mazzata per le famiglie e per le imprese, con effetti devastanti tanto sui consumi delle persone tanto sugli investimenti e le spese ordinarie delle aziende. Le ragioni della scelta odierna non si comprendono né bastano i chiarimenti forniti dalla presidente Christine Lagarde. Soprattutto, per il nostro Paese c'è un rischio enorme di credit crunch, di liquidità progressivamente tagliata dalle banche nei confronti della clientela”. Secondo il centro studi di Unimpresa, i continui rialzi dell'ultimo anno hanno determinato una forte stretta al credito: solo nell'ultimo trimestre i prestiti al settore privato sono calati di 12 miliardi di euro, dai 1.713 miliardi di febbraio ai 1.701 miliardi di maggio. A febbraio, su base annua, si era già registrata una contrazione dello 0,2% salita a meno 1,8%, sempre su 12 mesi, a maggio. I soli finanziamenti alle aziende sono calati di 7 miliardi in appena tre mesi. La Bce, osserva il Centro studi di Unimpresa, sta letteralmente togliendo il fiato alle imprese e alle famiglie.

Sui mutui variabili stangata da 375 euro al mese

Secondo la Fabi, Federazione autonoma bancari italiani, le rate dei vecchi mutui a tasso variabile sono cresciute fino al 75% in più. Chi pagava una rata di circa 500 euro al mese, dunque, oggi paga 875 euro mensili, ovvero 375 euro in più. La Fabi sottolinea come sia molto probabile che, alla luce del nuovo rialzo dei tassi, le rate dei vecchi mutui a tasso variabile possano salire ancora. I nuovi mutui a tasso fisso invece sono passati da un interesse medio di circa 1,8% anche fino a oltre il 6% con le rate mensili che, pertanto, possono risultare, sulla base delle offerte delle banche, anche più che raddoppiate. I nuovi mutui a tasso variabile potrebbero arrivare, a breve, in media, verso il 7% dallo 0,6% di fine 2021: vuol dire che per un prestito da 150mila euro della durata di 20 anni la rata mensile sarà di 1.180 euro, ben 515 euro in più (+77,4%) rispetto a quella che si sarebbe ottenuta due anni fa ovvero 665 euro.

Scatta la corsa al mutuo a tasso fisso

Il nuovo rialzo dei tassi orienterà comunque chi vuole acquistare casa verso un mutuo a tasso fisso. Mutuionline.it rileva che le richieste di mutuo a tasso variabile sono crollate rispetto al primo trimestre dell'anno dal 14,7% al 5,3% e, alla luce del rialzo del costo del denaro, dice, “ci si può aspettare che il tasso fisso, la scelta più sicura, continuerà a rappresentare oltre il 90% delle richieste di mutuo”. 

Piazza Affari chiude in rialzo

I mercati finanziari accolgono però con una reazione positiva quello che alcuni analisti definiscono come un "rialzo da falchi” da parte della Bce accompagnato da un “messaggio da colomba”. La decisione di Francoforte di alzare i tassi dell'Eurozona di altri 25 punti base, portando al 4,50% il tasso sulle operazioni di rifinanziamento principali, è stata affiancata dal segnale che gli attuali livelli dovrebbero consentire il contenimento dell'inflazione e questo ha consentito ai listini azionari di chiudere in netto rialzo. Piazza Affari ha guadagnato l'1,37% e gli altri indici hanno mostrato incrementi ben superiori a un punto percentuale mentre si erano presentati sottotono a metà seduta. Acquisti sui titoli di Stato (il rendimento a 10 anni del BTp è tornato in area 4,3%) e vendite sull'euro finito ai minimi da marzo nei confronti del dollaro. Materie prime, banche, utility ed energia sono stati i settori più vivaci. A Milano sono state soprattutto Enel (+3,2%), A2a (+3%) e Hera (+2,4%) tra le società dei servizi di pubblica utilità e Mps (+2,9%) e Unicredit (+2,4%) tra le banche a trainare il listino. Giù Tim (-1%) sul timore di uno slittamento dei tempi per l'offerta di Kkr sulla rete infrastrutturale, debole Stellantis (-1%) sui rischi di sciopero nel settore auto in Usa a causa dello stallo delle trattative sul rinnovo del contratto di lavoro. Sul mercato valutario, l'euro è sceso a 1,0665 dollari (1,0704 ieri). Petrolio in forte rialzo con il Wti ottobre (+1,8%) sopra i 90 dollari al barile, ai massimi da novembre, e il Brent novembre a 93,58 dollari al barile (+1,8%). Gas naturale in calo del 3% ad Amsterdam a 35,6 euro al megawattora.