Sabato 27 Luglio 2024

Tassi e mutui. Non pagano le rate 200mila famiglie

Occhi puntati sulle riunioni di Fed e Bce

È l’ultima tornata dell’anno per le banche centrali, che stavolta terranno le bocce ferme. Si comincia oggi dalla Fed. La banca centrale Usa è ferma da ottobre, con il tasso sui fondi federali al massimo degli ultimi 22 anni, pari al 5,25%-5,5%, nell’attesa di riportare l’inflazione al 2% evitando al contempo un’eccessiva stretta monetaria. Con l’inflazione ancora alta e uno scenario da ‘soft lending’ per l’economia americana, sarà difficile che si parli di un taglio dei tassi prima della metà dell’anno prossimo, ma è anche improbabile un altro rialzo.

A novembre, i prezzi al consumo negli Stati Uniti sono aumentati dello 0,1% rispetto al mese precedente, contro le attese per un dato invariato, mentre il dato annuale è sceso dal 3,2% di ottobre al 3,1%. A fare chiarezza sulle prossime mosse della Fed saranno comunque le parole del presidente Jerome Powell, attese con interesse da parte dei mercati. Così come attesi sono i dati sulle prospettive di Pil e andamento dei prezzi, che saranno diffusi a fine riunione.

Dopo la Fed, domani tocca alla Bce e alla Boe. Anche la banca centrale europea dovrebbe mantenere i tassi invariati al 4,5%, ma l’Eurotower, che è stata tra le ultime banche centrali ad avviare la stretta per contrastare l’inflazione dopo la pandemia, potrebbe ora essere la prima ad invertire il senso di marcia, con un taglio del costo del denaro già nelle prime riunioni del prossimo anno. Questo grazie a un’inflazione dell’Eurozona scesa ormai al 2,4%, molto vicino al livello di riferimento del 2%. Per cui i mercati si concentreranno sui tagli futuri. Gli operatori scommettono al 40% su un taglio di 25 punti base a marzo e al 72,6% su un taglio a maggio. Nell’ultima riunione la Bce aveva mantenuto i tassi fermi, segnando un cambiamento significativo rispetto alla serie di rialzi durata 15 mesi e riflettendo un atteggiamento più cauto, influenzato dal graduale allentamento delle pressioni sui prezzi e dai timori di una recessione imminente.

Questa decisione fa seguito a una serie di dieci aumenti consecutivi dei tassi a partire da luglio 2022, che hanno elevato il tasso sulle operazioni di rifinanziamento principali al 4,5%, il massimo degli ultimi 22 anni, e il tasso sui depositi presso la banca centrale al record storico del 4%. Un contesto che ha portato, dice un’indagine commissionata da Facile.it quasi 200mila famiglie italiane con un mutuo a tasso variabile a lasciare rate scoperte, complici aumenti fino al 65%, con un aggravio complessivo di oltre 3.100 euro.

Sempre domani c’è attesa anche per la Boe, Bank of England, che a novembre ha mantenuto il suo tasso di interesse al 5,25%, il massimo degli ultimi 15 anni. In ogni caso l’era del caro denaro potrebbe avere i mesi contati. Secondo il sondaggio condotto da Reuters fra 90 economisti dall’1 al 6 dicembre, il 57% degli interpellati — 51 su 90 — prevede almeno un taglio dei tassi prima della riunione Bce di luglio. I mercati si attendono tagli di almeno 125 punti base entro la fine del prossimo anno a partire da marzo (e di 140 per la Fed), ma probabimente domani la presidente Lagarde cercherà di ridimensionare le attese.

Elena Comelli