Scendono leggermente i tassi di interessi sui mutui, ma calano anche le richieste di prestito. È un rapporto in chiaroscuro quello dell’Abi relativo al mese di novembre, che registra anche un calo dei crediti deteriorati.
Secondo il rapporto dell’Associazione Bancaria Italiana, a novemre i tassi dei mutui sono leggermente scesi al 3,23% rispetto al 3,27% di ottobre 2024. Un primo segnale degli effetti del cambio di passo della politica monetaria da parte della Bce, che riduce la stretta e porta sollievo a famiglie e imprese, permettendo in prospettiva una ripresa del Pil. E nei primi giorni di dicembre il mercato, con i tassi Euribor e Irs, ha già anticipato le future mosse che, secondo alcune stime, dovrebbero portare i tassi al 2% a giugno 2025. Forse aspettando tempi migliori, per il momento però a scendere è anche anche la domanda di prestiti: -1,6% rispetto ad ottobre.
Certo, un anno fa i tassi erano ai massimi e la richiesta di mutui a novembre 2023 era scesa del -3%. E come ha spiegato il vice direttore vicario dell’Abi Gianfranco Torriero, "dovremmo vedere un ulteriore recupero" della dinamica dei finanziamenti.
La discesa dei tassi porta anche le banche a rimodulare i rendimenti delle loro offerte commerciali per la raccolta. A novembre il tasso sui nuovi depositi a durata prestabilita (cioè certificati di deposito e depositi vincolati) è stato il 3,01%. A ottobre 2024 tale tasso era in Italia superiore a quello medio dell’area dell’euro (Italia 3,31%; area dell’euro 2,94%). Il tasso sui soli depositi in conto corrente è invece lo 0,47% (0,49% nel mese precedente; 0,02% a giugno 2022), "tenendo presente che il conto corrente non ha la funzione di investimento e permette di utilizzare una moltitudine di servizi" ricorda ogni volta l’Abi a chi fa notare come siano su livelli molto più bassi rispetto alle altre forme di raccolta.
Restano sotto controllo i crediti deteriorati. Tutto l’insieme delle sofferenze, inadempienze probabili ed esposizioni scadute e/o sconfinanti (al netto delle svalutazioni e degli accantonamenti) sono diminuiti a 30,9 miliardi di euro, da 31,9 miliardi di giugno 2024. Un livello molto basso rispetto ai 196,3 miliardi raggiunti nel 2015 quando gli Npl erano ‘il problema’ del settore bancario.