Roma, 15 gennaio 2020 - Una fonte ben informata spiega l’ultima fibrillazione della maggioranza in maniera secca: insomma, i grillini non vogliono che sia solo il Pd, coi sindacati, a intestarsi il taglio del cuneo fiscale e, dunque, tentano di rilanciare puntando a inserire l’operazione nel più ampio piano di riforma dell’Irpef. Peccato, però, che per lo sconto fiscale (in media tra 80 e 100 euro mensili fino a 35mila euro di reddito, sui 20-40 euro fino a 40mila euro) a 14 milioni di lavoratori dipendenti da luglio le risorse (3 miliardi) sono pronte e serve solo un decreto per stabilire come erogarle, mentre il più vasto programma di riduzione delle tasse è tutto da finanziare e da scrivere. Il Ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, lo sa bene, ma sa anche che, con pazienza, dovrà cercare una formula politica che permetta ai grillini di sventolare qualche vessillo.
Da qui il rito dell’incontro fino a tarda sera con il vice ministro Laura Castelli per definire "una linea comune" in vista del summit con i sindacati di venerdì a Palazzo Chigi: un appuntamento rispetto al quale, però, la leader della Cisl, Anna Maria Furlan, avvisa che "nessuno immagini di arrivare con proposte a scatola chiusa Da qui anche la doppia indicazione del titolare dell’Economia: decreto cuneo entro fine mese e legge delega fiscale entro aprile.
Quel che è certo è che al Mef hanno definito la bozza del pacchetto taglio del cuneo con qualche variabile. In base alle simulazioni più accreditate potrebbe salire a 100 euro il bonus per i redditi tra i 15 e i 26mila euro, già beneficiari del ‘bonus Renzi’, con la trasformazione del beneficio in detrazione con un vantaggio di circa 20 euro in più in busta paga, +240 euro medi aggiuntivi ogni anno.
Ai 4,5 milioni di lavoratori tra 26 e 35 mila euro, esclusi dal bonus Renzi, andrebbe uno sconto di 80 euro mensili, mentre fino a 37-40 mila euro di reddito si applicherebbe un decalage, con un beneficio decrescente.
Rimane in pista anche la possibilità di estendere, come quota aggiuntiva in busta paga, il bonus ai cosiddetti 4,6 milioni di incapienti, che hanno redditi fino a 8.127 euro l’anno e che come tali non pagano tasse ma non ottengono neanche sconti.
Quel che è certo, però, è che, per i commercialisti, la riduzione del cuneo fiscale dei lavoratori dipendenti, "avrà un impatto positivo sulla pressione fiscale delle famiglie, sebbene in maniera contenuta pari allo 0,17% del Pil che salirà a 0,28 punti nel 2021". E, pur "ipotizzando la trasformazione in detrazione fiscale del bonus di 80 euro mensili introdotto dal governo Renzi nel 2015, equivalente a 0,5 punti di Pil, non si rientrerebbe del tutto dallo shock fiscale del 2012", scrivono.