Roma, 12 aprile 2023 – Il Def (Documento di economia e finanza) porta in dote un nuovo taglio del cuneo fiscale e contributivo per circa 3 miliardi, destinato a diventare reale già da maggio o giugno, a favore dei lavoratori dipendenti con redditi bassi (fino a 25 mila euro): il che si dovrebbe tradurre in un aumento in busta paga di circa 25-30 euro mensili. Una boccata di ossigeno che si somma a quella della legge di Bilancio, facendo arrivare la sforbiciata a 4-4,5 punti percentuali.
La “manovrina di primavera”, però, non fa cambiare verso a un provvedimento che rimane “prudente” nei numeri, nelle linee essenziali, nelle prospettive e nelle stesse indicazioni di accompagnamento che arrivano da Giorgia Meloni e Giancarlo Giorgetti. Con la premier che avvisa: “Tracciamo una politica economica per i prossimi anni, una linea fatta di stabilità, credibilità e crescita. Rivediamo al rialzo con responsabilità le stime del Pil e proseguiamo il percorso di riduzione del debito pubblico. Sono le carte con le quali l’Italia si presenta in Europa”. Per insistere: “Dalla prossima legge di bilancio bisogna porsi con concretezza il problema del calo demografico e delle nuove nascite, con misure adeguate”. Obiettivi che trovano la sponda del Ministro dell’Economia: “La prudenza di questo documento è ambizione responsabile. Le riforme avviate intendono riaccendere la fiducia nel futuro tutelando la natalità e le famiglie anche attraverso la riforma fiscale che privilegerà i nuclei numerosi”.
I numeri che segnano la rotta della finanza pubblica, del resto, sono improntati alla cautela con margini di ottimismo. Di qui la scelta di fissare l’asticella del Pil per quest’anno al +1%, alzando di 4 decimali la previsione dello 0,6% fatta a novembre nella Nadef. La cautela è invece evidente nelle stime per gli anni successivi: la crescita per il 2024 viene rivista al ribasso al +1,5% (dal +1,9% della Nadef). E con l’obiettivo di garantire la sostenibilità dei conti pubblici, il Def prevede una graduale riduzione del deficit e del debito (che dal 144,4% di quest’anno scenderà progressivamente fino al 140,4% nel 2026). Con un andamento discendente anche per la pressione fiscale, che dovrebbe passare dal 43,3% nel 2023 al 42,7% entro il 2026.
E va proprio nella direzione di dare un segnale ai lavoratori la decisione di destinare le risorse aggiuntive ricavate dal deficit a tagliare il cuneo fiscale: la stima del deficit per quest’anno al 4,5% programmatico, a fronte di un 4,35% tendenziale, libera infatti oltre 3 miliardi che il governo userà, con un provvedimento di prossima attuazione, per tagliare i contributi sociali a carico dei dipendenti con redditi medio-bassi. Il problema è che, a conti fatti, resta ben poco per la legge di Bilancio prossima ventura: a oggi non più di 4 miliardi, a meno che non si taglino altri fondi per recuperare altre risorse.
Si comprende, così, l’allarme di Lega e della ministra Marina Calderone sulle pensioni. La responsabile del Lavoro avrebbe fatto un appello ai colleghi su questo nodo. E in mattinata Riccardo Molinari ha chiarito che la Lega “non si accontenta di una proroga della quota 103”, che l’obiettivo resta quota 41 ma che “con pochi miliardi quota 41 non si fa, questo è chiaro”. Quanto basta per prevedere fibrillazioni. Ma il Def traccia una linea anche sul tema caldo del Pnrr, su cui resta l’incognita di una spinta che rischia di essere ormai già esaurita sul Pil. “Per rendere il nostro Paese più dinamico, innovativo e inclusivo non basta soltanto il Pnrr”, sottolineano dal Tesoro.